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Breakfast

Colazione continentale in un albergo di Barcellona. Un po’ di Europa assonnata nella stessa stanza. Che se Carlo Cattaneo potesse essere seduto al tuo posto forse ripenserebbe alla sua idea di Unione Europea. Perché siamo diversi, ma tanto, e lo capisci dall’approccio al tavolo del breakfast. Sei lì con il tuo piatto che ti guardi intorno e arrivano due o tre tedeschi. Ovviamente lo capisci già dall’abito, che per quanto la globalizzazione possa uniformarci, il sandalo e la calza sono crucchi. Prendono il pane, lo infilano nel tostapane, e intanto si servono di uova, bacon, pomodori, precisi, veloci, in silenzio. E ogni tanto controllano il tostapane, che tu avevi già pensato di fregare la fetta nel mentre, ma basta uno sguardo e ti senti piccola furba italiana. Superiorità ariana. Nel mentre arriva una coppia francese. Lei smunta, gonna, ballerine e cardigan (notate, le francesi a colazione hanno tutte il golfino aperto o sulle spalle, Chanel docet), lui borsello, camicia, occhiali. Bisbigliano, poco pane imburrato, marmellatina, café au lait, mon dieu, sembrano pronti per una riunione di lavoro e non alla vida della Rambla. Noblesse oblige. Poi entra una famiglia inglese, che dopo i tedeschi e i francesi ti sono immediatamente più simpatici. Ovviamente giocano in casa con le scramble eggs, parlano la lingua universale, eppure la mamma è pettinata ancora come Lady Diana il giorno del fidanzamento e non capisci se lo fanno apposta ad essere démodé o se è dna. Lui ordina una birra, che in effetti col bacon va a nozze, peccato siano le nove del mattino, ma questo chiarisce perché anche a dicembre li vedi in giro con la maglietta del Liverpool belli bianchi e rossi. Imperialismo anglosassone. Sei lì che versi il latte sui corn flakes e ti arriva una ventata di profumo Chanel, che riempie la sala. È il nuovo turista, il russo con la bionda. Che anche mentre si serve una mini brioche è pronta per la prima della Scala. Vestitino micro, capello perfetto, trucco con cerone e labbra rosse, ballerine e comunque è venti centimetri più di te. Quello a fianco, ovviamente, non è Ivan Drago, ma le arriva alle spalle, tarchiato, e le scatta continuamente fotografie, anche mentre con voluttuosità si serve lo yogurt sulle fragole. Serebro dilaganti. E poi, quando ormai hai quasi finito, cercando di bisbigliare per uniformarti all’ambiente molto glamour, arrivano gli italiani. Che come in ogni barzelletta che si rispetti entrano in scena per ultimi, ma lasciano il segno. Un po’ imbarazzati davanti a tanto ben di dio, che a noi basta cappuccino e brioche, piluccano qua e là, avanti e indietro un tot di volte, si chiamano, hai preso il salame? Aspetta che faccio una foto al bacon, dai un selfie…Sto caffè però fa schifo, brodaglia…decibel italiano, che solo gli americani stanno al passo, ma qui si parla di Europa e lo yankee lo lasciamo al suo cappellino, shorts, dimensioni extrasize, risata contagiosa. Caciaroni sì, facciamo amicizia con la cameriera, parliamo in perfetto spagnolo che basta aggiungere una s in fondo, e da nord a sud abbiamo il dna del pressapochista. Ebbene sì, orgoglio nazionalista…..

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