Piove sui ricordi, le goccioline si fermano sulle emozioni e scivolano lentamente giù, sbavandole come un trucco dopo il pianto. Storia di un acquarello troppo annacquato, colori sfumati, confusi, mescolati. Eppure così intensi nella loro evanescenza. Inchiostro simpatico che appare quando meno te lo aspetti. Stamattina davvero piove “su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude”…
Numeri
Non sono brava coi numeri. I calcoli mi riescono male e devo usare le dita per fare le somme. Ho una ammirazione immensa per chi ci capisce di partita doppia, di formule ed equazioni. Gli integrali per me saranno sempre cereali e gli angoli tutti gli spigoli di cui è formata la nostra quotidianità. Tutto questo per dire che sono un disastro con le azioni calcolate e le promesse matematiche. Che ci provo da una vita ma nel mio mondo due più due fa sempre tre e tre quarti. E non sono brava neanche a giocare a carte. E neppure a barare un pochino, così, tanto per il gusto di vincere almeno una volta. Che non è vero che l’importante è partecipare, mai sentita frase più antipatica. Così le mie carte le gioco spesso male e di fretta perché sono persa nel mio mondo fatto di lettere e fantasia. Non sono brava con i numeri, no no. Non lo sono con tante cose. Ma in fondo per i sentimenti i numeri non servono, basta la pelle e la sensibilità. E di quella, nel mio mondo, ce ne è tanta, ed è davvero infinita…
Vuoto
Quelle sere in cui sei sola. Libera avresti detto. Senza orario senza ritmo. Senza. Ecco ti senti senza. Perché in fondo puoi scegliere il programma tv ma non hai nessun con cui commentare. Puoi mangiare schifezze ma ti manca la sua mano che si alterna alla tua nel pacchetto di patatine. Puoi fare tardi e alle nove e mezza già dormi. Sul divano. Il letto è vuoto e provi a riempirlo coi pensieri ma diventa ancora più vuoto, e da sola non sai più dormire. Domani sera già sarai stufa del suo russare o dei commenti impropri sul tuo programma in tv. E che noia che barba attaccherai con una delle tue tirate. Domani, forse. Adesso spegni la luce e aspetti Morfeo. Che non é l’amante di turno dal nome esotico. Che qui meglio chiarire che il paese è piccolo la gente mormora. Aspetti e non arriva. Perché anche il sonno lo dividete in due e da sola è un lusso che non vuoi più vivere….
Dì dla festa
Arriva la festa di Mortara e hai 15 anni. I primi caldi, un mese ancora di scuola prima della lunga estate, le risaie allagate, le magliette corte, primavera fuori e dentro, ormoni come i pollini, escono da tutte le parti. La festa di maggio era la fiera, le giostre. Non come il Salame d’oca che ha un sapore diverso, più compassato, più serio. A maggio nessuno sa che patrono si festeggia, perché si fa festa. È il nostro Black Monday, perfetto per il ponte del primo maggio, una cosa furba di chi l’ha inventato. Comunque a 15 anni ste cose non le pensi. Diecimila lire in tasca e due ore in fiera. Mi raccomando, alle sei a casa, che il braccino degli orari di uscita in casa mia è sempre stato troppo corto. Gruppetto di amiche. Jeans, Vans, Lacoste, ciuffo molto Madonna Like a Vergin. Niente cellulare, niente IPod, quattro ragazzine ai bordi della adolescenza. Prima tappa il Tagadà. La giostra più figa di sempre. Girava in piano e ogni due per tre dava scrolloni. E volavano monetine cerchietti scarpe. Oggi sarebbe il cimitero degli schermi dei cellulari. Fantastico. Seconda tappa l’autoscontro. Questo era il regno di quelli considerati fighi. Un po’ bulletti, ma le facce pulite non mi sono mai piaciute. Parole sussurrate risate, vai a parlargli, ma no dai poi cosa pensa, tanto non mi guarda. Quattro galline e il gallo, tra risate e musica. Ah la musica dell’autoscontro. Nick Kamen, Madonna, George Michael. Non era ancora tempo di discoteca per me ma i miei piedi erano altro che footlose, scalpitavo ad ogni nota. E poi il calcinculo, che i miei non volevano ma ci andavo lo stesso, il tiro al bersaglio, lo zucchero filato e il frittellone, che le mie pare sul peso erano ancora lontane. 15 anni mi sento oggi quando costeggio le giostre. Il posto è diverso, il clima oggi é diverso, ma i ragazzini sono identici, coi loro brufoli e la sicurezza che tutto sia possibile. E cosa c’è di più bello? Allunghiamo la mano e cerchiamo di prendere la coda e con lei i sogni del nostro destino….
Caffelatte
Buongiorno ai pensieri stropicciati del sabato mattina. Nel silenzio della casa. Al tavolo di una colazione lenta, unico vizio che mi porto dall’infanzia. Cappuccio e brioche, il resto può aspettare un attimo. Buongiorno alla mia tazza piena di ricordi, che il mattino raccoglie sogni e progetti, buoni propositi e nonlofaropiù, e li mescola insieme al caffè e al latte bollenti e tutto sembra possibile. Bianco e nero, il gioco degli opposti, ma a fine giornata sai che solo nelle mezze tinte si cela il segreto del quieto vivere. Buongiorno aprile, che sei passato lento questa volta, con una carriola di pensieri che maggio e giugno dovranno dipanare, se non saranno troppo distratti dalla loro sete di estate. Buongiorno amore, coi tuoi tormenti e le tue passioni, anima corpo essenza di questa vita piena di curve e dossi improvvisi. Buongiorno a tutti voi, amici conoscenti curiosi indifferenti, che la vostra giornata possa essere dolce come la marmellata di questa brioche, piacevole ma delicata, che troppa dolcezza annoia, ma un po’ di zucchero rende tutto più indolore 😘
Bob
Una settimana in casa. Bloccata. Letto divano poltrona. Che se non ho ucciso qualcuno è solo perché avevo poche persone intorno. Tutte fidate e di cui avevo bisogno. Per una che non passa più di due ore ferma e seduta e deve esserci un buon motivo, tipo un film con Brad Pitt in TV, vi assicuro che é stato come un anno di reclusione. Seduta o sdraiata. Sofferenza immane per il mio lato B. Oltre a inflaccidirsi, perché è incredibile come ci metti anni a renderlo per lo meno guardabile e basta una settimana a ridurlo a roba molle, ma va be tanto è dietro non lo vedo, dicevamo oltre a diventare un budino, alla lunga duole. Non poco. Perché, e qui vi racconto uno scoop, anni fa lacolli si é quasi rotta l’osso sacro. Nel modo più stupido del mondo, scendendo col bob. Discesina per bimbi. Due gobbette che devi spingere per non stare ferma. Il mio piccolino di quattro anni davanti, io dietro, viene la mamma con te, che se no vai veloce ti fai male. Partenza. Lui ride. Tu, che ami la neve e scii da quando cammini, un po’ meno. Sto pezzo di plastica che scivola giù non ti è mai piaciuto, ma cuore di mamma per il tuo bimbo questo e altro. Prima gobba, salto, velocità, lui arretra e ride. Anche tu abbozzi, e mentre lo fai arriva la seconda gobba, salto e ricaduta secca sul bordo del bob. Esattamente sull’osso sacro. Quando mi hanno tolto il dente del giudizio mi hanno fatto meno male. Arrivi in fondo e non riesci ad alzarti. Lui ride, l’altro figlio pure, tuo marito anche. E quando accenni un “mi sono spaccata il sedere”, ovviamente lacolli non dice sedere ma la parola con la C scritta a carattere dimensione 100, tuo marito ride ancor di più. Non riesce a smettere. Pensi di chiamare il 118. Non per te, per lui, che adesso gli viene un colpo e ha le lacrime agli occhi. Per te una gru, un argano, e sto cavolo di bob mai più appoggerò le mie sacre natiche lì sopra. Vai a casa. Pian piano passa. Ma basta una seduta sbagliata per rinverdire quella bella mattina sulla neve. E l’osso incrinato c’é, lo dice la lastra. Me lo tengo. Sono passati sette anni ma le lunghe sedute mi ricordano i fasti di una giovinezza sul bob. Pure il sedere rotto, che non é mica da tutti. Nel gioco del celo/manca non ho rivali. Perché quando una ha culo è bene che lo dica subito 😉
Fotografie
Le fotografie. Quelle su carta. Quelle che stampi perché sai che sono speciali. Quelle che hai stampato perché non c’era il digitale. Quelle di te bambina e di loro piccolini. Che vedi tutte le somiglianze. Quelle delle tue nozze e dei tantissimi viaggi. Quelle della laurea e del giuramento di lui. Quelle del mare e della montagna. Quelle intime e quelle ritoccate. Sorrisi falsi sorrisi veri, ma pur sempre sorrisi. Mondi attimi ricordi tutti in un click. Certe notti sono tappezzate di fotografie. Tanti cerotti che rammendano l’anima. Certe notti sono questa notte, più a destra più a sinistra pronti cheese click….domani è già oggi.
Felicità
Godete della felicità. Spremetela e non sprecatela. Può essere un minuto, mezz’ora, un giorno, due anni. Non importa. Sorridete e abbiate coraggio di dire “sono felice”. Vi servirà per quando non lo sarete più. Perché è incredibile. Per sopportare un minuto di dolore ci vuole almeno un giorno di felicità. Il dolore la dissipa come il vento le prime foglie secche a ottobre. Fate la scorta quindi. Senza paura di essere avidi. Il conto alla fine non sarà mai comunque in pari, ma avrete avuto momenti indimenticabili
16 anni
Quando avevo 16 anni ero innamorata di un paio di occhi verdi. Era estate. Al mare. IL mare, Sestri Levante. E quello era il primo amore. Quello che ti fa battere il cuore. Quello che aspetti solo che ti saluti e ti fai del film per un cenno. Quello che ti bruci l’estate e le spalle a furia di sdraiarti in riva al mare per guardarlo. Quello che scrivi pagine e pagine sul diario, ma non hai foto perché allora il cellulare non c’era. Quello che alla fine diventa la storia della tua estate, anche se finisce. L’estate. La storia. Ma non la musica. Quella del juke box. Losing my religion suonava allora tra la sabbia. Losing my religion suona adesso. Alla radio. E le foto non servono. Rimangono le emozioni di una adolescente. Adesso che sono madre di un adolescente e spero che le provi anche lui queste emozioni. Belle. Bellissime. Come quegli occhi che riflettevano il mare. Come il sole il caldo la salsedine. Sensazioni che tatuano la nostra anima e non se ne vanno più. Madeleine che in una giornata di sole come oggi fanno sorridere al ricordo della ragazzina che ero e che forse ancora, dentro, sono.
Leo
Ho sempre amato Leopardi. Specialmente negli anni del liceo, quando le sue poesie e la sua parabola esistenziale hanno nutrito la mia anima. Quando tutti dicevano che era sfigato, quando il suo pessimismo veniva salutato con scongiuri vari, io lo amavo. Lo amavo perché il suo disagio era il mio. Perché il suo studio matto e disperatissimo era il mio. Perché quel corpo storpio in contrapposizione ad un’anima senza uguali faceva il pari con il rifiuto del mio di corpo, che ha segnato la mia adolescenza e non mi ha permesso di assaporare i cosiddetti anni più belli. Perché anche io ho urlato contro la natura, che ti illude e poi te lo mette in quel posto, io incapace di mostrarmi per quella che ero, nascosta dai miei libri, gli unici in cui trovavo vita sentimenti poesia, che non ero capace di vivere. E poi si cresce, si matura, la solitudine dell’adolescenza è diventata la mia forza, che quando sei sola nel baratro e riesci a risalire non c’é nulla che ti possa fermare. Invincibile. Highlander. Con i versi di Leo nelle tasche del cuore. Perché per sempre il naufragar m’é dolce in questo mare…