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cricolli

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Forse

Non ho mai preteso nulla da nessuno. Non mi sono mai ritenuta speciale, indispensabile o tantomeno necessaria. Non ho mai pensato di essere bella e non ho mai invidiato nessuno, se mai ammirato e tentato di imitare quelli più bravi di me. Non ho mai volutamente calpestato i piedi a nessuno, e se è successo mio malgrado mi sono sempre scusata. Non ho criticato o parlato dietro le spalle di nessuno. Perché sono stata educata a guardare me stessa e ad essere ipercritica solo nei miei confronti. Non mi sono mai tirata indietro nel lavoro o per aiutare gli altri. Ho mille difetti e non sono una persona facile. Ma non ho mai detto il contrario e mea culpa per ciò che questo mi ha causato. Tutto questo perché è quasi Natale e bisognerebbe confessarsi. E al solito, tolto il turpiloquio che racconto al prete da trent’anni, non mi sento così colpevole. Di qualche cosa. Anzi. Chiudo quest’anno difficile con un tiepido sorriso. Camminando a testa alta sui miei tacchi. Che, per inciso, indosso perché mi piacciono un sacco e non per farmi vedere. Perché l’unica persona a cui devo rendere conto, sempre, nel confessionale come davanti allo specchio, è la Cristina. Che ultimamente è piuttosto soddisfatta e forse ha sepolto tanto fantasmi. Forse. Buona novena a tutti….

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Anni

Ci siamo quasi alla fine di questo 2016? Che vi ricordo è bisestile e i detti popolari hanno sempre ragione? Perché aldilà del filmatino preconfezionato di fb in cui siamo tutti belli e sorridenti, è stato davvero un anno in salita. Ho rimpolpato più volte le casse della sanità nazionale a suon di ticket e degenze. Mi manca l’ombelico, che peraltro è in programma il prossimo anno, e poi ho passato in rassegna tutta l’anatomia. Ho dovuto cambiare lavoro. E mio malgrado. Con Xanax annesso e almeno venti rughe in più che mi ricordano ogni mattina la mia stupidità. Non ho trovato la sorpresa nell’uovo di Pasqua e pure il cartiglio dei Baci Perugina mi ha detto “Lascia perdere. Andrà meglio”. Per fortuna ci sono loro tre, i miei uomini. Che glielo ho detto al Picconi, per favore almeno tu abbi pietà di me e non lasciarmi a piedi, anche se ho un brutto carattere. Lui ha risposto con un sardonico “basta che me la dai” e così mi sono sentita decisamente gratificata. Perché non so voi ma io preferisco le persone dirette e sincere, cosa che davvero è latitata in questo anno di prese per i fondelli. Ma visto che non sono una che si piange addosso, e che mancano ancora tre settimane alla fine dell’anno, dirò che tutto sommato non sei stato male 2016. Che al peggio non c’è mai fine. E che chiusa una porta si apre un portone. O meglio un Brunello. E non se ne parla più. 

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Panda

Ci sono incontri che ti cambiano. Quando meno te lo aspetti. Quando pensi che la tua vita sia tutto sommato passabile e che chi si accontenta gode. Quando in fondo qualche chilo in più non fa male a nessuno ed evviva il cioccolato e il vino rosso. Incontri che capitano quella mattina in cui ti sei truccata poco e di corsa, in cui hai messo le calze color carne che neanche mia nonna per andare nell’orto, in cui hai legato i capelli e l’effetto crescita nera è lì a mostrarsi in tutto il suo orrore. Quella mattina che hai pure il ciclo e le occhiaie da panda, che è per quello che non si estinguono più, ci sono le donne con il mestruo a confondersi con loro. Ecco quella mattina lì, che sei l’opposto di quello che vorresti essere, entri nel solito bar dove non devi neanche ordinare che già lo sanno, cappuccio di soia e brioche vegana. Che colazione da sfigata, meno male non devi più ordinarla, che uno mica sa che sei intollerante, pensa che sei la solita rompipalle fissata con la dieta, il bio, l’ecologia. Roba che poi anche nel momento clou chiedi se anche il preservativo è biodegradabile oppure se contiene lattosio. Sai si sa mai. Ecco col tuo bel cappuccio di soia davanti, leggi distrattamente il giornale e ti sbricioli tutta la brioche addosso, e il cane di quella seduta accanto ti guarda voglioso, ci manca che mi lecchi e abbiamo risolto. E mentre fai cadere le briciole dalla sciarpa, alzi gli occhi e incroci uno sguardo che ti fa andare di traverso soia, vegani e tutto il bio del mondo. Un panda che guarda una distesa sterminata di bambu. Ecco, così ti senti. Eppure a lui non devi sembrare un panda, almeno che non sia un animalista. Perché ti sorride. E tu ricambi, con le briciole della brioche tra i denti. Che a Bridget Jones ie faccio un baffo io. E speri che si sieda lì, giusto per qualche giorno, a raccontarti la storia della sua vita. Ma lui esce. E tu resti lì col cornetto in mano. E capisci che davvero non sarai più la stessa. Che mai e poi mai ti permetterai di uscire di nuovo in quello stato. Perché a 40 e rotti anni essere sciatti è un peccato mortale. La mattina, il pomeriggio, la sera. Che lo dice sempre mia nonna, che a 90 anni non esce mai se non è perfetta e ogni volta che mi vede mi dice “lo vuoi un po’ di rossetto? Mettiti un po’ di colore in faccia”. Sì nonna voglio il rossetto, la terra e pure l’esemplare maschile di cui sopra. E pure un cappuccino come si deve e un bombolone alla crema…..

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Babbi

Venti giorni al Natale. Con le sue luci, le vetrine scintillanti, il rosso in ogni dove, la voglia di brindare senza troppi pensieri. E poi loro. Di nuovo. Ennesimo anno. I Babbo Natale. Sui balconi. Alle finestre. Perfino ai pali della luce. Si arrampicano ovunque già un mese prima dell’arrivo delle Renne. Questa mattina mi sono affacciata alla finestra nel buio dell’alba e ne ho contati ben cinque. A metà strada tra Uomo Ragno e Lupin terzo. Nella penombra con il sacco in spalla fossimo negli Stati Uniti qualcuno pieno di wiskey potrebbe pure sparargli, pensando che sia l’ennesimo ladro all’opera. Ah no. Giusto. Qui da noi i ladri entrano dalla porta principale, di giorno, e se ne sbattono pure se c’è qualcuno in casa. Altroché arrampicata sui balconi. Comunque Babbi o no ci siamo quasi. Archiviato il referendum, in TV inizieranno a parlare dei chili che metteremo per le feste e di quanti soldi spenderemo in regali, se andrà di più la tecnologia o il benessere. E impacchetteremo regali e abbracci, che si sa a Natale siamo tutti più buoni. Anche lacolli. Con le sue scarpette rosse e i peperoncini sull’albero. Che se portano bene abbiamo fatto il botto. Altrimenti aglio e olio per tutti da Natale a Ferragosto 😜🌶

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Amicizia

Ci ho messo tutto l’impegno possibile. Davvero. Fin dall’inizio. Avevo bisogno di questo sentimento, della condivisione, delle confidenze. Non ho ascoltato la voce della diffidenza dentro di me, frutto di passate scottature, e mi sono data, totalmente. Ho accettato e perdonato le mancanze, i silenzi, le prese di posizione egoiste. Perché ti volevo bene. Così tanto da passare sopra a tutto. Come solo quelle senza pelle come me sanno fare. Mi sono allontanata e riavvicinata, non ho ascoltato chi mi diceva che stavo sbagliando, che era un sentimento a senso unico. Ho pianto, in silenzio, nella mia stanza, per sgarbi che nemmeno sapevi di avermi fatto. E alla fine però l’impegno non è bastato. Il sentimento calpestato alla fine ha ceduto il passo alla ragione. Da questo treno verso il nulla io scendo. Tu continua pure la tua corsa come credi. Senza ascoltare nessuno, come sempre. Io me ne vado, stavolta per sempre. E senza voltarmi. E se nel momento del bisogno come al solito mi cercherai, sappi che io non ci sarò più. Che troppe volte ho dimenticato me stessa per te, ora dimentico te per me. 

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Brandy

Brandy Vela ha 18 anni. Texana, bionda, occhi azzurri. Una bella ragazza americana come tante. Va a scuola alla Texas City Indipendent School. Qualche amica, le feste, i messaggini. Una ragazza come tante che la globalizzazione ha reso simile a tutte quelle della sua età in giro per il mondo, per interessi e stile di vita. Ma si sa. Di deficienti è pieno il mondo. E qualcuno comincia a prenderla in giro per il suo peso, che non è eccessivo, solo non è filiforme. La chiamano cicciona e lei soffre. E tanto. Anche perché ai miei tempi, venti anni fa, se ti prendevano in giro il tutto si risolveva tra le mura della scuola, al massimo nella tua piccola comunità. Ora no. Ora i deficienti, detti bulli, ma sempre deficienti sono, usano internet. E lo fanno con la cattiveria che solo gli adolescenti possono avere. La martellano, creano profili falsi su Facebook ed invadono il suo profilo di insulti. Lei li denuncia. Ma poco serve, sfuggono come anguille nel mondo virtuale. E a un certo punto questa ragazza dal sorriso aperto, con l’apparecchio ai denti che la rende ancora più dolce, non ce la fa più. Prende una pistola, in un Paese dove le armi sono troppo a portata di mano, e davanti ai genitori si uccide. Sì si uccide. Perchè qualcuno l’ha convinta che così non valga la pena vivere, così “grassa”, così presa in giro, così terribilmente popolare. Perché qualcuno crede che il mondo sia dietro uno schermo e dobbiamo educarli questi ragazzi, e forse prima ancora noi stessi, che il mondo è all’aperto, nel confronto diretto con gli altri, in un aperitivo tra amici, in una litigata faccia a faccia. Perché in America una pistola la trovi ovunque, e non è quella ad acqua che ti regalano d’estate con le riviste. Brandy Vela non c’è più per tutto questo. E domani ci sarà un’altra come lei vittima del nostro quotidiano. A meno che non ci diamo tutti una regolata. Al più presto. Altrimenti le lacrime di chi ora la piange avranno il valore di una emoticon di watsapp. Vere ma destinate ad essere cancellate con un clic. 

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Forrest 

La vita sembra a volte così complessa. Ti sforzi di migliorare, crescere, innovare, eppure sembri un criceto nella ruota. Eppure basterebbe banalmente abbracciare la filosofia di Forrest Gump. Ve lo ricordate? La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita. Ecco i cioccolatini appunto. Davanti alla scatola noi passiamo ore a valutare quale incarto sia meglio, quale meno calorico, quale contiene lattosio o glutine, quale più buono. E alla fine capita pure che qualcun altro se li pigli tutti sti cioccolatini mentre noi pensiamo e li finisca per noi. Chiudete gli occhi e pescate a caso. É cioccolato, è cibo, comunque vada sarà una scelta. E le scelte sono il sale della vita, perché solo chi non sceglie è vero non sbaglia ma resta lì, immobile, a bocca asciutta. Prendetene uno e gustatelo fino in fondo, senza guardare quello degli altri, che l’invidia è il veleno del nostro mondo. E vedrete che tutto sembrerà più semplice. E quando avrete voglia di cambiare rotta, fate ancora una volta come Forrest, dite “sono un po’ stanchino” smettete di correre e andate a casa. Senza problemi, spiegazioni, giustificazioni. Solo perché vi va di farlo. Perché, ricordatelo sempre, stupido è chi lo stupido fa….

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Kisses

Ed è proprio vero che ci sono mille posti dove dare un bacio. E i più belli sono quelli che non ti aspetti, che non ci avresti mai pensato. Quelli che ti lasciano senza fiato perché ti colgono alla sprovvista. Mentre sali in macchina, le mani che tengono la borsa le chiavi il cellulare, di corsa, in ritardo al solito, e lui è lì e a quel paese il ritardo, ferma il mondo con quel bacio, che fa cadere chiavi borsa cellulare insieme al cuore che sobbalza come se fosse la prima volta. Quelli che arrivano di soppiatto, da chi mai e poi mai ti aspetteresti, senza chiedere permesso, per favore, posso. Che un bacio non si chiede, si prende, si ruba. Quelli che non finiscono mai, come le canzoni dei Pink Floyd, e quando finiscono, ma di già?!? Che i baci migliori devono lasciare insoddisfatti, perché ne vuoi ancora e ancora e ancora. Quelli senza senso e il senso trovatelo voi, io lo vivo un bacio, e poi al massimo ci penso. Quelli in riva al mare, sotto il piumone, in mezzo a una piazza affollata, tra la neve, sotto la pioggia, dietro a un muro, in un viale. Il dove importa? Forse no, eppure sarà il dove che ci ricorderemo. E il più delle volte sarà il più assurdo e, diciamocelo, il meno romantico. Ma la poesia, questo è garantito, l’avremo creata noi ❤️

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Bye bye

Sono iniziati i titoli di coda della mia storia di dipendente pubblico. Ho sperato in questo mese che fosse un film con il sequel, ma la regia ha accettato questo finale e tra due giorni sarò un cittadino come tanti. Non metterò più timbri allo Zalone e mi mancheranno i miei colleghi, mi mancheranno tanto, con le loro manie, i loro pregi e difetti, le loro abitudini. Che in un piccolo comune sei un po’ una grande famiglia, e se per alcuni sono stata sempre un’adozione mal sopportata, in altri ho trovato davvero il piacere di venire a lavorare la mattina. Non so come sia in altre realtà. Non so se si passi il badge e poi si vada a fare la spesa. Io so che nel mio comune ho sempre visto tanto lavoro e che come dovrebbe essere ognuno ci mette del suo. Si lavora. Punto. Ho visto anche tanta stanchezza, perché non sempre a questo lavoro corrisponde una crescita, e forse è questo il limite del posto fisso. Troppo fisso. E le competenze poco valutate. E alla fine ti stanchi e ti siedi. E ne nascono i disservizi. Io non sono fatta per questo. Mi manca l’aria. E alla fine il film l’ho fatto finire come mio costume, uscendo di scena senza rompere troppo le balle, lasciando il posto ad altri che, come mi è stato più volte poco delicatamente ricordato, hanno più bisogno di me. E così sia. Nell’Italia del 2016 c’é chi ancora non riesce ad andare oltre il tuo nome e la tua origine, come nella tragedia greca. E ben venga. Io sono la colli, la figlia del Colli, e vi assicuro che il meglio deve ancora venire….

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 Ore 22. Domenica sera. Nel mio lettone sotto il piumone grigio, un velo di mal di testa che non mi da tregua da giorni, gli occhi che si chiudono mentre cerco di leggere poche pagine di un libro. Ma le righe scorrrono e la mente è altrove. È stato uno di quei week end da incorniciare, si da incorniciare come il disco fantastico che ho ricevuto venerdì sera. Segno di una generosità inaspettata di chi ti regala del suo e lo fa per il piacere di farlo. Un bene davvero prezioso, che ricordate che l’amicizia è generosa, altrimenti è solo egoistica conoscenza. Un week end senza locali speciali, senza sbronze, senza ristorantini, senza divertimento ricercato. Eppure perfetto. Con quelle cene e apertivi che ti riconciliano con la natura umana, che ti danno la speranza che ancora si possa dare e ricevere in allegria, che ti fanno sentire confusa e felice. No va bè quella era Carmen Consoli. Io sono solo felice, chiaramente felice, perché sono un animale sociale e se il sociale manca o è scadente soffro. Perché lo cerco, e il più delle volte rimango delusa. Ma non in queste sere. Queste sere la musica ha suonato le note giuste e non avrebbe potuto altrimenti, tra i mille cd e vinili di un animo speciale. Un brindisi all’amicizia. Un Brindisi al nostro essere semplicemente noi stessi. Un brindisi alle feste e buon Natale. Si perché il Natale quando arriva arriva. E per me questa sera è stato davvero Natale con tanto di sorpresa….