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cricolli

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My town 

Sono cresciuta in una piccola città di Provincia. Con una bella storia alle spalle, momenti gloriosi, ruoli significativi. Una città carina, non fosse per il nome che un po’ la penalizza, con le sue belle chiese, un teatro dalla facciata elegante, una pianta regolare. Nè troppo piccola nè troppo grande. Una città con una stazione ben servita, che poi i treni siano sempre in ritardo bè è un altro problema, le linee ci sono e non poche. Una città insomma con tutto quel che serve, scuole, banche, ufficio postale, ospedale, farmacie, palestra, bar….e soprattutto immersa in una natura unica, tra le risaie e il Rosa, che riempiono gli occhi e non stancano mai. Una città vitale, che ho addosso anche nel cognome, un cognome proprio locale, che non lascia adito a dubbi sulla mia autoctonia. Eppure io in questa città mi sono sempre sentita un pesce fuor d’acqua. Una che ci vive ma non ci appartiene. Una che sì si occupa di storia locale, ne scrive, ne parla, ma un po’ sempre come se ne fosse aliena. Ho provato ad andarmene. Più volte. Ma il mio cuore vive qui e senza di lui non so neanche respirare. Ho provato ad integrarmi il più possibile, massima disponibilità a tutti, senza chiedere mai nulla in cambio, ho tentato di creare qualche cosa di bello, mettendo al servizio della mia città quella che credo sia la mia unica vocazione, quella per la storia, l’arte, la cultura insomma. Ma nel limbo sono rimasta. E a questo punto getto la spugna. Chi ha bisogno di me sa che dico sempre sì, anche a costo di incasinarmi e di stancarmi oltre misura. Per il resto, non ci provo più. Perché anche il più testardo degli amanti a un certo punto di stanca di prendere due di picche. 

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Istinto

Una vita a sentirsi inadeguata. Che gli altri sembravano tutti dei fenomeni. E forse lo erano. Poi arrivi a un punto che insomma anche se sono inadeguata non importa. Anche se non sono alta, furba e smaliziata amen. Anche se l’età toglie tonicità al corpo ne regala al cervello in fondo. E nulla è più appagante della serenità che ti danno i 40. Non devi più dimostrare nulla. Hai partorito con dolore due volte e cooperato alla continuazione della specie. Hai provato l’ebrezza della lista nozze e della scelta del bouquet. Ti sei laureata e cambiato lavori come l’acconciatura dei capelli. Hai cercato di non combinare stronzate e alla fine le hai fatte lo stesso. Hai provato a evadere ma il destino ti ha portato sempre al punto di partenza. Che alla fine non è niente male. Per questo non ho più paura di essere quello che sono e di seguire solo una indicazione. Quella del mio istinto. Che per inciso sbaglia sempre. 😉

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A volte ritornano

Ok ripartiamo. E con le migliori intenzioni. In ritardo. Carote bruciate che preparare il pasto serale al mattino richiede un upgrade nel ruolo di wonder woman che non ho ancora ottenuto. Per cui finestre spalancate e i pinguini Madagascar che fanno colazione coi miei figli. Oggi tacchi. Che tre settimane senza sono un’astinenza che neanche quella da cioccolato in quaresima. Prendi le calze di intimissimi. Linea nuova. 9 euro e rotti e dovrebbero durare mesi. Io ne rompo due paia infilandole la prima volta. Con 5 euro ne comperavo due paia al mercato e i restanti mi facevo delle birre che era meglio. Ok vestita. Meglio evitare lo specchio oggi che in preciclo ho le occhiaie di Crudelia Demon. E ovvio accade. Suona il telefono. Non rispondi. Suona di nuovo. Viva voce e intanto ti trucchi. E nell’ordine cadono per terra matita, spuntata, ombretto e lei, la terra, che infrangibile non potrebbero farla? Ecco a questo punto direi che sono davvero pronta a ripartire. Che se tutto andasse liscio non sarebbe la mia vita. Tacco 12, riccio spettinato perché non lo pettino, rossetto rosso che dopo i 40 diventa un’esigenza. Buongiorno miei cari, vi sono mancata?

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Appassiti

Che fine fanno le storie finite? Voglio dire gli amori passati o appassiti? Fossimo dei computer basterebbe resettare e non ci sarebbero più. Ma per fortuna non siamo macchine. E i baci gli abbracci le coccole il sesso le lenzuola il sudore restano lì. Anche se la storia è di anni fa. Anche se ora siamo felici e appagati. Anche se incontrarlo non ci da più un brivido e anzi ci frequentiamo coi rispettivi partner. Eppure qualche cosa resta lì. Attaccato. Comunque. Se è stato amore lo sarà per sempre e guardarsi fisso negli occhi sarà impossibile. Qualcosa di non detto resterà sempre. Lì in quell’angolo di cuore con fuori l’insegna “vecchi amori”. Ecco forse non fanno nessuna fine. Gli amori di un tempo voglio dire. Sono per sempre. Perché l’amore non passa. Si trasforma. E due che si sono voluti bene, se nulla di tragico è successo, saranno legati per sempre. Con buona pace di che è geloso degli ex. 

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Vale

San Valentino. Mai visti tanti ti amo, fiori, cuori, poesie da cartiglio perugina, baci, come in questo giorno. Fantastico. Sì perché in un mondo dove il telegiornale riporta solo violenza cattiveria sotterfugi politici, insomma lo schifo più assoluto, una giornata dedicata all’amore è bellissima. Anche se è commerciale. E allora? Dedichiamo la fine di ottobre a delle zucche intagliate e a delle maschere lontane anni luce dalla nostra tradizione, e ci scandalizziamo perché San Valentino é una festa commerciale. Che poi data la situazione della nostra economia ben venga una scusa per far girare un po’ di denaro. Ecco viva San Valentino. Anche se leggo che molti scrivono che é solo apparenza, falsità, che siamo tutti cornuti. A parte che spero non sia così, mi chiedo e allora? Se si può anche fingere un giorno l’amore non è comunque un giorno strappato ai brutti pensieri? Io credo che l’amore o l’affetto o l’amicizia, insomma i bei sentimenti che ci rendono animali sociali, siano un ottimo analgesico per tutte le difficoltà della vita. E tutto sommato possiamo rimandare a domani i casini che ogni giorno ci assillano. E per oggi essere peace and love. Guardare Colazione da Tiffany. Strafogarci di dolci coccolosi. Comprarci dei fiori se non abbiamo un partner. E anche un paio di scarpe a farci sentire irresistibili. Ascoltare solo compilation mielose. Spegnere la TV e le brutte notizie, tanto domani saranno ancora lì. E amarci. Perché non ci sarà mai San Valentino più bello di quello che dedicheremo a noi stessi. ❤

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Ranin 

Finalmente sono l’incarnazione del personaggio fiabesco che ho sempre adorato. No non è la Bella Addormentata, quella ha un culo così che senza fare nulla arriva il figo a cavallo che la sveglia dall’incantesimo. Troppo gatta morta. No non è Cenerentola, io sono un nano già di mio, due personaggi in una fiaba sono troppi. Non è neanche il gatto con gli stivali, troppo furbo e scaltro, io sono notoriamente ciula. E neanche Pollicino, anche se la sua tendenza a lasciare indietro pezzi a segnare la via ha tanto di simile con il mio tentativo di tenere accesi legami ormai morti. Il personaggio che oggi vedo quando mi guardo allo specchio è la rana dalla bocca larga. Ve la ricordate? Una spacca marroni di prima categoria. Una che i fatti suoi mai. Una che deve capire indagare sapere. E così rischia sempre una brutta fine. Fino a una settimana fa avevo solo la bocca larga. Ora, dopo il mio giretto in sala operatoria, ho pure la panciotta e le gambette sottili sottili. Un ranin. Rompicoglioni. Non ho avuto bisogno della reincarnazione induista. Che culo, vero? Comunque in questa mia nuova veste a metà tra rana della bocca larga e grillo parlante (altro spacca balle bacchettone di prima categoria) volevo ringraziare quelle anime pietose (parenti esclusi, cui ho già garantito un posto in paradiso) che hanno raccolto le mie pare di questa settimana. E che nonostante la litania, hanno continuato a messaggiare, telefonare, coccolare con la voce e la loro presenza. 

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Fisico bestiale 

Caro corpo, sì sì lo so che non hai neanche voglia di ascoltarmi ma, per favore, solo due parole. No no non voglio giustificarmi o chiedere scusa. Quello l’ho fatto mille volte e vale meno dell’euro, lo so. Uffa, non scalpitare, non voglio neanche dirti non lo faccio più, perché i buoni propositi della colli sono come bolle nel vento. Ecco se mi ascolti volevo semplicemente dirti che ho capito. Che hai vinto tu. Che non si può sempre tirare la corda, usare il proprio corpo come luogo per mettere alla prova la propria forza di volontà, per sfogare le tensioni e le frustrazioni, per allinearsi a dei modelli che forse non ci appartengono. Hai fatto bene. Semaforo rosso e adesso male, riposo, arresti domiciliari. Tu vai ascoltato. Si sì. Ognuno di noi ha un organismo che parla una lingua diversa e dovremmo imparare ad ascoltarlo, non cercare di dominarlo con la mente, come facciamo con tutto. Quante volte mi hai detto “ho sonno” e io giù caffè che di dormire non avevo tempo? Quante volte ero sfinita ma la palestra non si salta mai, manca l’aria se no, e via di allenamenti. Quante volte aulin per il mal di testa, spasmomen per la colite, integratori per tenere il ritmo, probiotici per non ammalarsi, tachipirina che la febbre non sia mai…e invece tu volevi solo un letto e una copertina. Ti giuro fedeltà da ora in poi. Si lo so. Sarebbe meglio non giurare che una come me non sa tener fede alle promesse. Ma stavolta è stata tosta. E in futuro cercherò di coccolarti come il più prezioso degli amanti. Ciò che in effetti sei. Che se mi abbandoni, come ora, davvero il mio cervello serve a poco. Mens sana in corpore sano. Lo canta anche Luca Carboni. E, lo sai, io alle canzoni do sempre retta. Allora, facciamo pace???

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Palloncino

Eccolo qui l’amore. L’ho visto in piedi accanto a me in questi giorni. A soffrire della mia sofferenza. E io a cercare di nasconderlo, questo male, per non vederlo così dolente. Eccolo qui l’amore. Fatto di reciprocità, di sostegno, di empatia. Quello in cui ti sei mescolato il sangue e ora nelle vene vengono trasportati gli stessi brividi, gli stessi sogni, le stesse difficoltà. Eccolo qui l’amore. Un palloncino rosso che un volontario mi ha regalato, strappandomi un sorriso. Semplice ma non scontato. Come l’amore appunto. Come l’affetto di tanti messaggi. Come questa vita che più la vivo più mi piace…

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Elettrocardiogramma

L’amore non si può misurare. Ci pensavo questa mattina facendo l’elettrocardiogramma. Che in fondo ti racconta come batte il tuo cuore e dovrebbe dirti molto dei sentimenti. Invece no. Mi dicono che sono bradicardica. Che non è una brutta malattia ma solo il cuore che batte piano, e tutto sommato meglio così. Peccato che io invece lo senta battere spesso fortissimo. Su e giù come sulle montagne russe. Trascinato dalle emozioni che non so gestire. Accelerato e rallentato dai miei corsi e ricorsi. Messo alla prova dalla mia incapacità di farmi scivolare addosso. Io sono calcarea, non argillosa, tutto penetra, scava, rimodella, e il cuore lì, ad adattarsi di conseguenza. L’elettrocardiogramma ai sentimenti, questo sì non sarebbe male, con i cerottini anche sulle tempie perché i maggiori scompensi sono quelli dati dal conflitto fra testa e cuore. E allora sì che ne vedremmo davvero delle belle….

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Angelo

Ho conosciuto un uomo tanto anni fa. Aveva mani bellissime, affusolate, sottili, che muoveva mentre parlava con discrezione. Ogni volta che penso a lui mi vengono in mente le sue mani. Sarà perché con quelle sapeva disegnare, gioielli, paesaggi, ma soprattutto cavalli. Tracciava sul foglio con sicurezza questi splendidi animali, eleganti e potenti. Eleganti come lui, che aveva la rara dote di esserci senza apparire, di parlare senza urlare, di fare senza commentare. Usava le sue mani per intagliare il legno e se gli chiedevi spiegazioni ti raccontava storie e avventure con il sorriso sulle labbra. Sorrideva, sì sorrideva tanto, e il suo sorriso non era di convenienza o sforzato, era dolce, semplicemente dolce. Una sera d’estate mi aveva insegnato a ballare il valzer, io impacciata nei miei vent’anni rock, lui leggero e sicuro, su quella pista improvvisata in una terrazza di un paesino di montagna. Ho conosciuto un uomo tanti anni fa. E oggi, nel mio personalissimo giorno della memoria, rivivo il cammino percorso insieme e mi sento triste. Allungo la mano in cerca della sua ma la posso solo immaginare, lo chiamo ma l’eco della mia voce è la sola risposta. Eppure sorrido. Abbraccio i miei figli. Perché so che questo lo riempie di gioia. Ho conosciuto un uomo tanti anni fa. Lui, il nostro specialissimo angelo custode.