E un giorno decidi che davvero basta così. Che hai dimostrato il dimostrabile. Che hai rinunciato all’irrinunciabile. Che hai detto sì quando no era la risposta più sensata. Che sei tornata quando avresti voluto andare ancora più lontano. E sia. Sei felice di quanto hai fatto, dato, regalato, anche rinunciato. Perché l’hai fatto per amore. Ma adesso direi che va bene così. Che può bastare. Che senza sensi di colpa o timore di inadeguatezza, è giunto il tempo di accontentare la persona che hai trascurato per più di quarant’anni. Trascurato nel fisico e nelle azioni, nella mente mai. E adesso questa mente chiede attenzione. Prima che la vita voli via, prima che sia troppo tardi. Perché non puoi continuare a tradirla questa persona. Che ti guarda dallo specchio. Che che aspetta. Con le solite occhiaie e la ruga sulla fronte. Aspetta che la prendi in considerazione. Lei solo lei. Perché ora è egoista, e fa bene. Perché ora, davvero, basta così.
Aerei
Da piccolina mi sdraiavo nel prato della nonna e passavo ore a contare gli aerei e a fantasticare sulle loro destinazioni. La nonna allora abitava vicino a Linate ed erano davvero tanti quelli che decollavano e atterravano ogni ora. C’era il profumo d’erba misto a quello dei panni lavati stesi in quel grande prato, e il ronzio continuo degli insetti, e il fastidio piacevole dell’erba che pungeva le gambe. Poi sono cresciuta, Linate ha ridotto i voli, la nonna è invecchiata e si è trasferita a Mortara. Ma le strisce in cielo sono sempre una passione per me. Le seguo finché riesco e poi le vedo sfumare lentamente e mescolarsi al blu del cielo. E mi perdo via. Così. I piedi a terra. La testa mai.
Mimosa
Alle donne che vogliono essere indipendenti e poi quando lo sono piangono perché non hanno un uomo su cui contare.Alle donne che non vedono l’ora che i figli crescano e poi sono gelose della fidanzatina.
Alle donne che gridano viva le donne e poi al primo testosterone che passa si fanno sgambetti a vicenda in nome della solidarietà femminile.
Alle donne che passano ore in palestra e dall’estetista, poi se uno dice loro “ma come sei bella” rispondono “ma no! Non vedi che pancia? E che rughe?”.
Alle donne che hanno cassetti pieni di lingerie che i loro uomini non noteranno mai perché tanto dalla mutanda contente al perizoma di Victoria Secrets è quello che c’è sotto a cui il navigatore punta.
Alla donne in questa giornata che ricorda le tante battaglie vinte, ma per loro è solo la mimosa dal profumo intollerabile, con quei pallini gialli che se li pesti sei finita, per non parlare se uno si stacca e ti finisce sotto il sederino sul sedile della macchina.
Alle donne che se avete letto fino adesso già siete state troppo pazienti, e come minimo nel frattempo vi sarete truccate oppure avrete condito la pasta o mandato tre mail. Che si sa noi una cosa per volta mai. E invece almeno per oggi facciamola solo una cosa per volta. Godiamo di ogni attimo. Fino in fondo. E viziamoci spudoratamente. Come ogni giorno di festa che si rispetti 😉
Caduta
Le belle giornate possono essere definite tali solo il giorno dopo. Sì perché stasera sotto la mia docciona bollente sorridevo da sola a un martedì di sole. Dentro e fuori. Il cielo azzurro azzurro, il sole caldo, la sensazione che davvero la primavera sia alle porte. Il cuore che batte forte ma sereno oggi, una mattinata che inizia con una colazione dolce e continua con un lavoro di routine, senza sorprese. E il senza sorprese direi che va benissimo di questi tempi. E la giornata scorre via che finalmente il buio sembra alle spalle. Fuori dalla doccia ti sorprendi a cantare a squarciagola, con buona pace dei vetri. E poi l’idillio si rompe. Prendendo il deodorante parte il domino dei barattoli e finisce a terra lui. L’unico che non doveva cadere. Il fondotinta. Naturalmente il barattolo infrangibile si rompe e quella melma beige che ci spalmiamo in faccia per farci fighe si allarga sul pavimento, entra nelle fughe, si infila sotto la lavatrice. Paralizzata. Non è vero. Non alle otto con su la cena. Non adesso. Non a me. Con quello che costa il fondotinta. Ti viene voglia di spalmartelo ovunque, e di presentarti al tuo lui che rientrerà a breve in bikini effetto fango. Tanto sa che non sei in quadro. No no poi ci andrebbe un tot di latte detergente, lasciamo stare. Inizi a pulire e capisci che salvo recuperare la 100 gradi in cantina le fughe manterranno una tinta bronze per un po’. E la cosa non ti va. Notate che non ho ancora scritto cazzo. Ma l’ho detto almeno venti volte. E da stasera fioretto interrotto perché va bene tutto ma sta Sfiga anche no. Per non pensare al fatto che domani dovró comperarne uno nuovo (questo lo era quasi ovviamente) e non azzeccherò il numero al solito e vai di nuova filippica. La foto l’ho fatta per voi. Che non pensiate che millanto disastri che non combino. Foto con le dita sporche di fondotinta. Con buona pace del cellulare anche lui sottoposto poi al trattamento latte più tonico. Così almeno sarà profumato. E vorrà dire che i selfie domani sapranno di buono…😱😱😱😱
Domande
Non fatevi troppe domande. Non cercate il perchè nelle azioni e nei pensieri. Indagate il reale ma solo in superficie. Perchè appena andrete un po’ più a fondo inizieranno i guai, i dubbi, le inutili seghe mentali con cui quotidianamente amiamo arrovellarci. Da buona socratica vivo di interrogativi che sarebbe meglio evitare. In fondo se qualche cosa succede succede e se non succede è perchè non era destino. E la notte dormite che al mattino avrete il volto disteso, senza occhiaie e sarete di sicuro più belli. Capire il reale è affascinante e stimolante ma richiede uno scudo che in confronto quello di Achille era una moneta da due euro. Uno scudo perchè fare l’autopsia degli incontri, delle emozioni, e soprattutto dei sentimenti è lavoro del più raffinato dei medici legali e non sempre il referto ci piacerà. Anzi quasi mai. Quando era una ragazzina chiedevo sempre alla mamma perchè mi avesse dato questa testa, che vuole capire tutto, che chiede perchè di tutto, che non si accontenta del regalo ma vuole sapere dove come quando. Già allora invidiavo la sana superficialità del prendere quel che viene così come è e finchè c’è. Senza domande. Non è detto che ci sia una ragione per ogni cosa, e spesso in fondo non importa. Un giorno o l’altro imparerò anche io. Che la vita è un’affermazione, non un punto di domanda.
Tentativi
Lui era lì e la guardava con aria interrogativa. Ci sono domande inutili da pronunciare perchè gli occhi le sanno formulare decisamente meglio. Ecco gli occhi. Come si fa a sostenere uno sguardo così? Si chiedeva lei. Che non abbassava mai la testa, che la vita la guardava diretta in faccia perchè gli struzzi non li aveva mai sopportati. Nel bene e nel male. Però davanti a quegli occhi si complicava in fondo tutto. Si complicavano i pensieri e pareva che i neuroni festeggiassero il loro primo maggio, encefalogramma piatto. Si complicavano le parole, che non uscivano. Tutti quei discorsi preparati, convinti, provati perfino davanti allo specchio, che avrebbero convinto chiunque, quei discorsi che fine avevano fatto? Non li trovava più. Non trovava più nulla. Solo quello sguardo e una certezza, che non voleva farne a meno. Perchè se nel mondo fa tutto schifo, se altri sembrano decidere della tua vita, della tua morte, se sembra una democrazia ma poi siamo tutti in fondo schiavi del fine mese e delle scadenze continue, ecco in questo annaspare, se due occhi ti guardano così a cosa serve resistere? Voi vivete pure delle vostre razionali concretezze, io delle mie irrazionali cazzate. Ecco questo era il suo unico pensiero. E alla domanda da lui mai pronunciata, era solo un bacio una risposta. Uno di quei baci. Sì quelli lì. E al resto penseremo domani, forse.
Venerdì
Venerdì mattina.La sveglia te la danno i vicini di sopra che combattono la solita battaglia a suon di complimenti che variano dal mondo animale a quello fisico, con tanto di riferimenti a tutto il parentado.
Venerdì mattina.
Ti cadono nell’ordine un piatto due posate il tappo del dentifricio e la crema viso, che meno male non si rompe che mi costa quanto un week end al mare. La mamma dice che quando cadono le cose qualcuno ti pensa. Ecco, grazie per l’affetto ma così siete in troppi.
Venerdì mattina.
Se per tutti il mattino ha l’oro in bocca, per me ha l’aulin, che sta nebbia ha risvegliato la mia cervicale da adolescente e devo ricostruirmi tipo lego tutte le mattine.
Venerdì mattina.
Decidi di fare la figa e di metterti il vestitino. A) avevi trent’anni quando l’hai comperato, adesso, come si dice hai cambiato forma, e si è accorciato in maniera preoccupante. Filo interdentale ecco. B) però vuoi mettere proprio quello e smetti di respirare, così entra e pian piano, forse, si adatterà a te. Al massimo apro la cerniera, nuovo trend fashion blogger primavera 2017. C) smagli la calza, e pure in più punti, ma dal momento che non sono previsti incontri ravvicinati (e anche se lo fossero la calza smagliata la notiamo noi che loro strappano via tutto e bon) ecco va bene così.
Venerdì mattina.
Pronta ad uscire. Inizia il week end. Pure di carnevale. Indossiamo un bel sorriso allora. Che in fondo è la maschera più bella e meno cara di tutte.
Attesa
Aspetto. Un appuntamento sempre rimandato. Un treno che non passa mai dalla mia stazione. Un bacio promesso. Una lettera con la carta ruvida. Aspetto. Che qualcuno si accorga dei miei pensieri. Che arrivi la primavera e i fiori sull’albero in fondo alla via. Che un amico mi telefoni senza motivo. Che il libro che sto scrivendo trovi il coraggio di vivere. Aspetto. Qui seduta. In un centro commerciale. Tra vetrine piene di saldi che non vedo. Con una borsa di plastica in mano che contiene la mia cena. Il telefono in mano. Aspetto. Forse qualcuno. Forse qualcosa. Di sicuro ancora per poco. Perché io odio aspettare. Non si vive aspettando. Ecchecavolo. Se il treno non passa ne prendo un altro, da qualche parte va lo stesso, meglio che stare fermi no? Se un amico non telefona lo chiamo io, tanto ho i minuti illimitati e un bisogno disperato sempre di condivisione. Se nessuno si accorge dei miei pensieri, li urlo o li scrivo, e se non ve ne frega un tubo, bè anche a me non frega davvero niente di molte stronzate che leggo, ma le leggo lo stesso. Se il libro non trova il coraggio, inizierò da un racconto e poi magari una cosa tira l’altra. Sì perché di aspettare mi sono stancata prima di iniziare. E adesso colli alza il culo che su sta panchina sembri una di quelle vecchiette che vanno al centro commerciale perché non sanno cosa fare oppure perché c’è caldo d’inverno e l’aria condizionata d’estate. Ci ripensiamo tra qualche anno va. Che acida lo sei già ma alla terza età mancano ancora una ventina d’anni. E che a star seduta ti diventa pure molle il lato B. E non sia mai detto. Aspettate voi se volete, io non ho tempo….
Voglia
Ho voglia del mare, della sabbia, della salsedine da leccare sulla pelle. Ho voglia di un gelato enorme, cioccolato nero fondente e panna montata, di quelli che ti sporchi per forza, che se non succede vuol dire che non te lo sei goduto a fondo. Ho voglia di ballare tre quattro ore a piedi nudi, di cantare stonatissimamente e di mandare a quel paese tutti quelli che si fanno i fatti miei invece di guardare dentro alla loro di vita. Ho voglia di farmi un tatuaggio sulla mano e uno sotto la pianta del piede, con la scritta massaggiami che non c’è nulla di più figo di una lunghissimo massaggio ai piedi. Ho voglia di correre, fare ore di allenamento funzionale, sudare come una matta e poi la doccia bollente che esci rossa rossa nel fumo della stanza. Ho voglia di cappuccio e brioche serviti a letto ora su uno di quei vassoi delle foto con tanto di rosa e spremuta, e non per farci uno stupido selfie, ma per sentirmi la più figa del mondo. Se una si sveglia alle sei con ste voglie, mi spiegate voi come può poi la giornata andare via liscia? Buon martedì che almeno non è lunedì.