Nulla lascia senza fiato come l’amore. Non la sorpresa per un regalo inaspettato, non le montagne russe, non una corsa dopo mesi che non ti alleni. L’amore toglie fiato e respiro all’improvviso. Perché arriva quando non te lo aspetti e non ti lascia il tempo di pensare. Quello che ti rigira come un calzino ed esisti solo tu e solo lui, e potreste essere ovunque tanto i protagonisti di questo film siete solo voi. Con le vostre paure ed incertezze, con le difficoltà di una vita ingombrante, con i dubbi e le pazzie, con le andate e i ritorni. Voi siete la stazione. Il vostro amore lo è. Un amore che sa di cose semplici. Il colore di un cielo luminoso dopo il temporale, il caldo del sole in questa estate che arriva, il profumo della terra, il verde intenso delle prime piantine nei campi, un sorriso e mille baci. L’amore lascia senza fiato. Effetto speciale da premio oscar, altroché realtà creata con il computer. L’amore, il film che vedi mille volte e non ti stanchi mai….
Ciao
Sarebbe molto più facile se ci avessero inculcato il pensiero che basta un uomo qualsiasi per essere felici. Non magnifico, non attento, non fedele, non galante, non capace. No, uno qualsiasi. Tu lo vedi, lui ti vede.
Ciao.
Ciao.
Baciami. Vieni a cena con me. Ti faccio vedere il mio bilocale. Fai bene l’amore. Anche tu fai bene l’amore. Se sei credente ci sposiamo. Se vuoi il vestito bianco ci sposiamo. Il bianco mi ingrassa. Occhei chissenefrega. Stasera facciamo un figlio o una torta? Un figlio. Fai due. Meglio tre.
E giorni sempre uguali. Sempre uguali ma anche quasi belli. Sempre uguali e a volte pure brutti. Non ci si lascia mai. Perché se per ognuno di noi fosse destinato un LaQualunque vivremmo così, un po’ felici, un po’ tristi, un po’ annoiate e un po’ appagate.
Ed invece hanno creato esseri umani interessanti, di quelli che sono belli sul serio, di quelli che in una giornata vorresti fare tutto, proprio tutto. Ciao. Bilocale. Amore. Matrimonio. Figlio. Fai due. Meglio tre.
Ed è una felicità che annusi all’istante perché hai un olfatto che la riconosce la felicità, la sa riconoscere tra una moltitudine di altri odori.
E allora la segui, quella felicità. Chiedendoti però se non sarebbe meglio uno qualunque, con cui mettere radici serene, con cui guardare la tivù alla sera senza pensare che sia tristezza infinita, ma pace, finalmente pace.
Costa così tanto la felicità.
Domandarti quanto sei disposta a rischiare e quanto invece quella tivù non resti un porto sicuro.
Perché lo sanno tutti che nei porti sicuri si sopravvive. In mare aperto non è mica detto.
Da “Confessioni di una mente cinica, isterica e romantica”…
Istruzioni
Un attimo prima. Da qualche parte devono esserci le istruzioni per imparare a fermarti un attimo prima. Prima di una delusione. Prima di una frase sbagliata. Prima di un bacio. Prima di schiacciare il bottone. Prima insomma. Prima che una tua azione dia il via ad un domino che poi cercherai inutilmente di fermare, in una corsa rincorsa inutile e scomposta. Io ho la rara capacità di fermarmi un attimo dopo. Quando la parola è uscita di bocca. Quando la stupidata è fatta. Che io non conto fino a dieci prima di dire fare baciare lettera o testamento, non conto neanche fino a cinque, non conto proprio. E poi rimettere a posto i cocci non sempre è possibile, specialmente quelli del cuore, che non pensa ma sente. Sente prima dopo durante. Le troverò le istruzioni. Prima o poi. E spero che siano come quelle dell’ikea, facili, elementari, universali. E che non manchi neanche una brugola, che la vita è una e non è possibile sostituirla se difettata…..
Classicamente
Ho frequentato il liceo classico, tanti anni fa ormai, eppure quando passo davanti all’ingresso di Palazzo Saporiti a Vigevano vengo ancora travolta dai ricordi. Sono stati anni difficili e di rinunce ma affondare la testa nei libri è sempre stato più un piacere che un dovere per me. Ricordo lo scalone che portava all’ingresso e le chiacchierate la mattina presto. Ricordo i corridoi e le aule vecchio stile in un palazzo storico che sta cadendo a pezzi. I bagni minuscoli su di un ballatoio che sfidava tutte le regole della sicurezza. Ricordo la mia classe, ampia, luminosa, i banchi verdi con il buco per il calamaio e le sedie con tremila cicche attaccate sotto. Ricordo i miei compagni, quasi tutte femmine eravamo, tante con i capelli lunghi lunghi, le cartelle Invicta, le smemo, le penne colorate. Ricordo i miei prof, alcuni sono davvero rimasti nel cuore e le loro parole mi hanno spinto a diventare la donna che sono. E soprattutto ricordo il bellissimo viaggio tra greco latino storia italiano filosofia: ho amato questa scuola con tutta me stessa e ancora oggi mi piacerebbe sedermi tra quei banchi ad ascoltare il prof che legge i lirici greci o analizza un canto di Leopardi. Anche se la lezione più importante non l’ho ancora imparata, quel conosci te stesso che Socrate mi urlava dal libro di filosofia e che, per quanto mi sia impegnata, non sono ancora riuscita a realizzare. E anni fa, incontrando per caso uno dei miei prof, ne abbiamo parlato e lui, con il suo indimenticabile tono di voce e quell’aria tra il serio e il faceto mi ha risposto “Ma Colli pensa che se fosse stato facile l’avrebbe stimolata così tanto?” (Sì mi dá del lei, ma lo faceva anche allora…) No prof, ha ragione. Le cose facili non sono per me. Ma non mi arrendo. Come quando davanti a una versione non riuscivo a tradurre un passaggio e, poi, gira e rigira, la soluzione la trovavo. Il classico ti insegna anche questo, a usare la testa per risolvere un problema. Conoscerò me stessa prima o poi. Con i miei ricordi in tasca. Con i classici a farmi compagnia nella parte più intima del cuore. Con la penna in mano e la testa che vola lontano. Nella speranza che anche i miei figli siano così fortunati da ritrovare tra i banchi la stessa passione….
Cic ciac
Avrò avuto 16 anni. Primi di luglio, bagni Liguria di Sestri Levante. In riva al mare, telo per terra, libro e tanta voglia di sognare. Dieci, venti pagine, un tuffo in acqua, qualche bracciata e poi di nuovo distesa lì, pancia sotto, capelli gocciolanti e l’ennesimo romanzo che scorre sotto gli occhi ed entra nelle vene. Che tutti i libri letti in quegli anni di lettura “matta e disperatissima” hanno le pagine increspate dall’acqua, dalla salsedine, e se li scrolli un po’ di sabbia esce ancora. Il mio paradiso. Sabbia libri e soprattutto il mio mare, la mia Sestri, con il suo profumo fatto di adolescenza, focaccia, pesce appena pescato. E il suo suono, quello dell’acqua che fa cic ciac sulla carena delle barche, delle canoe, del pedalò: si chiama sciabordare quel suono, ma a me piace cic ciac, e segue il dondolio delle onde, l’unica culla in grado di farmi addormentare senza sogni. Sì, sarà stato il 1991. Il juke box andava a 50 lire e la mia preferita era Losing my religion dei REM. Oh life is bigger, bigger than you…in riva al mare quell’anno mi sono innamorata per la prima volta. Un amore totale, quello dell’adolescenza, quello che ti senti mancare ogni volta che lo vedi, quello che riempi le pagine della smemo di cuori, frasi, parole, perché allora come ora ero molto brava a nascondermi dietro la parola scritta. Quello che ti vergogni di parlargli, che arrossisci all’idea, che vivi per un saluto, lì in riva al mare, sul muretto la sera, tra i vicoli del carruggio. E quando arriva l’estate come adesso, tanti tantissimi anni dopo, quei ricordi fanno sorridere e scaldano ancora il cuore. Ora che sarà forse mio figlio sulla stessa spiaggia, tra le stesse barche, a vivere le emozioni che ti fanno scoprire quanto è bella la vita. Ora che i juke box non ci sono più ma la musica continua ad essere il veicolo più bello per dare di nuovo i brividi di certe emozioni. Avrò avuto 16 anni sì. E in fondo li ho ogni volta che ripenso a quel luglio, a quegli occhi, a quell’estate, alla mia baia che si tinge d’oro quando tramonta il sole. Perché l’estate che abbiamo dentro, in fondo, non finirà mai.
A te
Nonostante tutto tu ci sei. Nei momenti no e nelle giornate di sole. Quando ho il mal di testa, il mal di pancia e tutte le menate del mio essere donna, quarantenne, rompipalle. Quando ti tratto male perché non voglio nessuno intorno. Nella mia follia e nei miei abissi. Tu ci sei. E non manca mai un gesto, una parola, un sorriso, un messaggio, una carezza. Se l’amore è esserci nonostante tutto, allora sì, tu sei l’amore. ❤️
25 anni
25 anni fa la strage di Capaci. Me lo ricordo quel giorno. Benissimo. Erano i giorni più duri della mia adolescenza, e forse anche della mia vita. Erano i giorni decisivi di una battaglia tutta personale che nel giro di poco mi avrebbe visto vincente e perdente allo stesso tempo. Perché quando fai la lotta con te stessa non vinci e non perdi. Soffri. E in quella sofferenza mi ero tuffata nella cronaca, nei giornali, nelle vite degli altri per dimenticare la mia che mi faceva davvero schifo. Davanti agli occhi le immagini dei telegiornali. Sulle mani il nero delle pagine dei quotidiani del giorno dopo, letti con avidità per capire. Scoprire. Conoscere. Che internet non sapevo neanche cosa fosse ed io ero solo una diciassettenne di terza liceo, che viveva in lomellina, lontana dalla mafia, dalla Sicilia, dalla politica, da tutto quel mondo che adesso riempiva occhi orecchie e soprattutto cuore di una nazione intera. Sono passati 25 anni. Quella ragazzina la sua battaglia l’ha vinta, anzi ha vinto la guerra, perché è stata lunga e dolorosa. E come in tutte le guerre ha lasciato ferite sul corpo e soprattutto nella mente. Ha condizionato la mia vita, le mie scelte, il mio destino. E ancora oggi è una guerra che avrei preferito non combattere, perché mi ha reso forte e debole allo stesso tempo. Sono passati 25 anni. L’asfalto a Capaci è stato sistemato. I colpevoli processati. La guerra non so se vinta ma di sicuro sedata con un armistizio, che non cancella le ferite e i troppi caduti lasciati sul campo. E mentre ricordiamo Capaci, il mondo più piccolo porta sullo schermo le immagini di Manchester ed è inevitabile interrogarsi sulla nostra natura. Sui terrorismi. Sul nostro essere homo homini lupus. Senza una risposta. Solo con tanto dolore. E, se possibile, un rispettoso silenzio.
Sensazioni
Ci sono sere che hai l’estate addosso. Sarà il cielo, che oggi pare un affresco, con le nuvole appese all’azzurro, bianche, grigie, piccole, grandi, a cui vorresti appendere un’altalena e dondolare senza fine. Sarà l’aria tiepida e il verde verde della mia Lomellina. Sarà la musica sulla mia cabrio a fare da colonna sonora al paesaggio che scorre. Sarà il cuore, che stasera batte più forte, o forse lo senti battere, che non sempre lo ascoltiamo eppure lui è lì e suona le note più belle. Sarà che è sabato. E ho un vestito nuovo. Un paio di scarpe con i fiori. Un rossetto rosso. E la felicità tra le mani. L’estate addosso. Sí
La felicità
La felicità è una cosa semplice, siamo noi ad essere complicati e a cercarla dove non possiamo trovarla.
La felicità bisogna saperla vedere, che siamo tutti presbiti e guardiamo sempre oltre senza accorgerci che in realtà é lì, ad un passo da noi.
La felicità è camminare mano nella mano, un bacio sulla fronte, una telefonata che non ti aspetti.
La felicità è quando i tuoi figli la mattina, spettinati, con gli occhi chiusi, i pantaloni del pigiama uno su e uno giù, entrano in cucina e ti stampano un bacio sulla guancia, sulla bocca, sui capelli, e “buongiorno mamma, non voglio andare a scuola…”
La felicità è una persona che credevi di aver perso per strada, e invece no, perché l’affetto non si perde per strada e chi ti vuole bene troverà sempre il modo per fartelo sentire.
La felicità è il suo bacio tutte le mattine e tutte le sere, da anni, nei giorni no e in quelli luminosi, con lo stesso amore, la stessa dolcezza, e quella menzogna adorabile di dirti che sei la più bella del mondo.
La felicità é il gelato al cioccolato, la pizza con la mozzarella di bufala, la fiorentina, il brunello di Montalcino e la focaccia della mia Sestri.
La felicità è una giornata al mare, tra il vento, la sabbia e la salsedine, e una sciata a Corvara la mattina presto quando la neve canta sotto gli sci e tu pure canti mentre l’aria ti fa lacrimare gli occhi.
La felicità é scoprire un angolo nascosto della città, camminare a piedi nudi, un’opera d’arte che emoziona, il sole quando non te lo aspetti.
La felicità è qui. Ogni giorno. Nelle piccole cose. E noi non saremo felici quando potremo averla, ma quando saremo capaci di vederla. Lì. Semplice. Tutta per noi.
Goal
L’arbitro fischia e inizia il secondo tempo. Quello in cui non puoi più sbagliare. Se hai chiuso il primo in vantaggio devi consolidare e non mollare mai, perché il pallone è rotondo e in un attimo tutto può cambiare. Se sei sotto di uno, due, tre goal, devi rimboccarti le maniche, cambiare strategia, formazione e soprattutto crederci, che nella vita come nel calcio la determinazione vale più di mille palloni d’oro. Se sei in pareggio bè allora davvero è come rinascere, punto a capo tutto da costruire e anche qui però sta a te, alla tua voglia di vincere e soprattutto di giocare bene le tue carte. Perché quando l’arbitro fischierà il 90^ non ci saranno più appelli. O meglio a volte ci toccano i supplementari e pure i rigori ma che fatica! E la partita così è meno bella per tutti. Un po’ come un pranzo di nozze, dopo due ore inizi a non poterne più e non serviranno le pietanze più elaborate e la location più glamour a farti scrollare di dosso la noia che inevitabilmente sale. Il secondo tempo, il mio, il vostro. E la lancetta che non fa sconti, mentre noi ci crediamo Highlanders e rimandiamo al domani tutti i sogni quando invece è adesso che dobbiamo correre, dribblare i guai, mirare all’obbiettivo e sfondare la rete con il più bello dei goal. E giocare sempre lealmente, che i cartellini rossi sono stop che a questo punto non possiamo più permetterci. Questa é la mia partita, e spero ardentemente di giocarmela meglio dell’Inter degli ultimi tempi….