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cricolli

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Il mio angolino di pace

Uno dei momenti migliori della giornata. La colazione. Quel quarto d’ora che mi riconcilia con il mondo. Lenta, assonnata, meditata. La luce tenue del sole che sorge, il silenzio delle vie all’alba, la casa ancora popolata dei sogni dei miei amori. Caffè, latte, pancake, miele, mandorle, frutta. E una carica di vitamine, che non guastano mai. Unico momento che vivo con calma, senza affanni, leggendo la rassegna stampa, curiosando tra le notizie, cercando nuovi spunti. Quindici, venti minuti tutti per me. Poi si parte. Il pranzo da preparare, e a volte anche la cena. La colazione per la famiglia. Fare i letti, pulire il bagno, urlare dietro ai figli sempre in ritardo, controllare la borsa del lavoro, lavarsi, vestirsi e via. Che alle otto si inizia e per almeno dodici ore sarò nel frullatore. Ma domani ancora qui. Il mio angolino di pace. Basta poco davvero e la vita sorride.

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Aspettare significa a volte perdere…

La aspetti. Lì, seduta sul divano, il telefono appoggiato sul tavolino. Aspetti che quella suoneria rompa il silenzio e che ti porti la sua voce. La aspetti. La sua telefonata. Da quando, baciandoti, ti ha detto ti chiamo presto, appena arrivo a casa. Sono passati tre giorni e nessun suono, nessuna voce, nessun segno. Potresti chiamarlo tu ma non lo fai. Logica illogica femminile. Aspetti e ti rodi, ma non fai nulla. Noi donne vogliamo essere desiderate, cercate, adulate. Vogliamo anche un po’ fare le fighe di legno, diciamolo, attendendo un segno che non arriva e che ci manda in bestia. I giorni passano. Nulla. Il telefono sempre a portata di mano, di notte una controllata, appena sveglie, in pausa, sempre vicino, sempre carico, sempre connesso. Neanche un messaggio, che sarebbe il minimo sindacale, con il T9 che te lo scrive lui. Ciao come stai? Ciao amore, buongiorno, buonasera, un bacio. Neppure una di quelle odiose faccine con il bacino, o peggio due punti parentesi, punto e virgola parentesi, un alfabeto morse che neanche fossimo due spie dei servizi segreti. Che poi lo sappiamo che gli uomini sono stringati nei messaggi. Che noi gli scriveremmo poesie di Alda Merini, frasi ricolme di passione, allegando foto che ci sono costate un pomeriggio di prove e pure il vetro del cellulare caduto tentando un autoscatto in una posizione improponibile. Ecco, tutto questo e la risposta media di un uomo sarebbe uau! Sei fantastica! Ti adoro! Bella! o le emoticons di cui sopra. Nonostante questo quando siamo in attesa va bene tutto. E non arriva nulla. Passano le settimane e pian piano smettiamo di sussultare ad ogni messaggio e di sperare ad ogni telefonata. Quello se l’è data dopo aver ottenuto ciò a cui aspirava. Sto stronzo. Ma pensa te. E arriva un giorno in cui per caso lo incontri entrando in un bar. Tum. Cuore in gola. Gelo. Caldo. Stronzo ma figo, come sempre. Seduti al tavolino, un caffè davanti, silenzio. La sensazione che qualche cosa si sia perso per strada. Perchè l’amore va alimentato e a questo è mancato ossigeno per troppo tempo. Perchè non hai telefonato? . Perchè aspettavo lo facessi tu. Perchè avevo paura. Perchè, non lo so perchè. Orgoglio. Timore. Insicurezza. O più banalmente destino. Sarebbe bastato poco e chissà quanti altri baci ci sarebbero stati, baci, passeggiate, cene, parole, carezze, amore. E invece c’è solo il silenzio di due anime che avrebbero potuto camminare a braccetto e invece si sono solo sfiorate. Consapevoli di aver perso un’occasione. Per una telefonata mancata. Che spreco. In un mondo che chiede amore non abbiate paura a dichiararlo, a telefonare a chi desiderate, a cercare chi volete, ad andare a bussare alla porta di chi vi ha toccato nel profondo. Potrebbe essere una storia importante o solo un’avventura, poco importa. Ciò che conta è che diate a voi stessi e al vostro cuore una possibilità, che non permettiate a logiche illogiche di rendervi aridi e pieni di rimpianti. Quella telefonata fatela, adesso. Quel messaggio mandatelo, adesso. Quel bacio datelo, adesso. Vivete e non attendete. Bandite l’orgoglio stupido e le convenzioni aride. Siate e amate. Adesso.

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Ti amo

Volevo dirti che ti amo. Sì lo so è banale. Voglio dire ai miei tempi quando dicevi ti amo voleva dire tutto. Che gliela avresti data ovunque, anche in mezzo a una piazza, che esisteva solo lui, che il mondo eravate voi e tutto il resto chissenefrega. Cinque lettere pesanti come un macigno. Bellissime. Che si fermavano in gola tutte le volte perché insomma dire ti amo era esporsi. Era ammettere di essere cotti. Era mettersi nudi e questo poteva portare fregature. E allora ti voglio bene. Mi piaci. I love you. Ora invece ti amo si dice a tutti. Uomini donne bambini nonne e zii. Che io non ce la faccio a dire ai miei figli ti amo, e sono l’amore più grande che c’è. Sulla rete leggo tanti di quei ti amo. Ma poi lo dite a quello che davvero volete baciare senza fine? A quello che vi dà i brividi nella schiena? Glielo dite guardandolo dritto negli occhi? Che scrivere siamo tutti bravi. Ti amo via whatsapp. Veloce. Rapido. Indolore. No no. Io ti amo e te lo dico scandendo le lettere. Urlandolo in mezzo a piazza del duomo. Con i cinesi che mi fotografano e i piccioni che volano da tutte le parti distribuendo regali in modo democratico. Una pazza che urla ti amo a quello a fianco. No, non è sordo ma lo fa, il sordo. Che tu gli dici ti amo e lui ti dice anche io. Idem. Ma dai! E non è lo stesso. A un ti amo si risponde con un ti amo oppure si sta zitti. Ditelo a chi vi fa tremare le ginocchia e battere il cuore. Al primo pensiero del mattino e al sogno della notte. Ditelo a chi volete amare centimetro per centimetro, senza vergogna, senza remore. Ma non sprecatelo. Ti amo è darsi, totalmente. Ricordatelo. Pretendetelo. Cercatelo. Sì, TI AMO ❤️

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Mancanza

Mancanza. Di qualcuno che ci ascolti. Che si sieda lì, di fronte a noi, un caffè fumante davanti e ci lasci parlare. Ci spinga anche a farlo, perché non è facile ammettere di averne bisogno. E sopratutto lo faccia per noi. Non per toccarci il culo e sbirciare le tette. Non per avere la nostra fiducia per arrivare ad altro. Non per fare l’amico e dopo un quarto d’ora girare la notizia a tutto il mondo. Quanto è difficile! Confidarsi, aprirsi, piangere, ridere con qualcuno che non ti tradirà mai. Che anzi farà lo stesso. Credo sia l’essenza dell’amicizia, così utopistica eppure così necessaria, desiderabile. Giorni in cui non vorresti altro. Vorresti urlare tanto è il peso che hai dentro. Invece vai avanti. Ricacci giù tutto e sorridi. Alzi il volume della musica e cerchi di coprire i pensieri, di sotterrarli, di rimandarli. Intanto prepari la caffettiera e lo bevi da sola il caffè. Che certe mancanze non le puoi riempire con chiunque. E l’immagine riflessa nello specchio è in questi casi un’ottima compagnia, che non sazia ma che, in ogni caso, non tradirà mai.

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Esserci

Perché l’amore è quella cosa che ci sei. Sì ci sei e l’altro se ne accorge. Ci sei con un messaggio, un fiore, una carezza. Ci sei con un ciao veloce prima del lavoro, con la tavola apparecchiata quando rientri dopo dodici ore di lavoro, con un sorriso che dice io sono qui, sempre. Ci sei con la comprensione, l’attenzione, l’ascolto. Sia che io sia in dubbio se mollare il lavoro per una nuova avventura o che non sappia che colore di scarpe mettere. L’amore chiede presenza. Fisica. E soprattutto mentale. Non importa se siete insieme da un giorno o da trent’anni. La distrazione uccide l’amore. La routine, lo scontato, la mancanza di sale, pepe, curry e peperoncino. Fateci sempre sentire importanti, le più fighe, anche con le rughe e le occhiaie da panda. Sorprendeteci. Teneteci vive, in corsa. Mettetevi in gioco e amateci. Senza se e senza ma. Fateci dichiarazioni anche mentre mettiamo i surgelati nel carrello o saliamo sull’ascensore sudate dopo la palestra. Si può. Si può. Non è utopia. È il solo modo per dare continua benzina a un rapporto, sempre che non abbiate deciso di cambiare la macchina. Perché anche in quel caso non pensate di rottamarci. Un colpo secco e via. Che siamo donne e sappiamo rinascere una, dieci, cento volte. Acciaccate sì. Ma con la voglia, il bisogno, la pretesa di amare e di essere amate. Senza scuse. Ogni giorno.

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Rete

I social mangiano il tempo. Ci avete mai pensato? Quante volte ci perdiamo a scorrere con il dito Facebook, Instagram, Twitter, gli stati di Whatsapp. E le lancette scorrono inesorabili mentre noi ci infiliamo nelle vite di altri, leggiamo frasi, curiosiamo fotografie, sorridiamo davanti a video. Senza averne una particolare necessità. Senza cercare nulla. Così. Siamo lì, in piedi, cellulare in mano e ci perdiamo a cazzeggiare (scusate il termine ma internet cazzeggiandi regnum est), ecco siamo lì in piedi e intanto il mondo scorre. La rete mangia il tempo e ci ritroviamo in ritardo su tutto. Lavoro, cena, palestra, figli. Senza aver combinato nulla, senza saperne più di prima. Un po’ come se ci fossimo addormentati ma, in quel caso, avremmo almeno riposato. Niente. Si ok sappiamo che Tizio è andato alle Maldive e che quella è uscita a cena postando dieci foto di cui si pentirà tra due giorni. La rete è così. Una rete appunto. In cui tutti restiamo imbrigliati, affascinati, catturati. Unica soluzione, spegnere, ignorare, rimandare a quando saremo sdraiati a prendere il sole senza nulla da fare e allora sì, invece di leggere Novella 2000, potremo lasciarci rapire da post, foto, condivisioni, tag, e chi più ne ha più ne metta. Che scritto da una blogger sto post è come un’autorete alla finale dei mondiali. Ma si sa che Lacolli non calcola e dice ciò che pensa. Da sempre. E non è una dote ma una tecnica perfetta per prendere fregature. In rete e fuori. Ma questo è un altro discorso. Per un altro post perditempo in questa navigazione senza approdo.

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Mollare mai

Ci sono stati momenti in cui sembrava tutto difficile e complesso. Momenti in cui non funzionava niente, la lavatrice, il telefono, il cuore. In cui c’era rabbia, delusione, stanchezza. Eppure non ho mai pensato di fermarmi. Di smettere di lottare. Di rialzarmi, ogni volta. E di sorridere. Con tutte le mie rughe. Sorridere sì. Perché le cadute sono quelle che rendono i successi più pieni, totali, vissuti. Perché solo se hai provato il dolore godrai di una felicità luminosa. Come il sole di oggi. Venerdì. Giugno. Quasi estate. E un sogno che si avvera. Credeteci e vogliatevi bene. Il resto è un dettaglio #lacolli #sogni #sorridere #giornalismo #scrivere #blogger

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Storie

Le storie d’amore. Quelle belle. Quelle che ti capitano per caso, mentre hai deciso di restare single per tutta la vita e di dedicarti solo a te stessa. Quelle che non chiedono permesso, posso, vorrei, ma piombano come uno tsunami a sconvolgere tutto. Quelle che non cerchi, che rifiuti, che eviti, che allontani, perché sei ancora scottata da quello stronzo che ti ha succhiato l’anima e ti ha lasciato in un angolo come una bambola senza vita. Quelle che regalano il sole sotto un acquazzone e un cielo stellato in pieno giorno. Quelle che lo sai che sono una fregatura, perché le cose troppo belle non ti appartengono, ma ti ci butti, perché fanno bene, al cuore, all’anima, al cervello. A te. Che le meriti queste storie. Di un giorno, una settimana, un mese, un anno, una vita. Quelle per cui vale la pena, sempre e comunque. Perché scriveranno pagine in cui rifugiarsi nei giorni bui e nulla consola di più di due cuori che per un tratto, breve o lungo che sia, hanno ballato all’unisono.