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cricolli

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Errare humanum est

Viviamo in una società che non ammette l’errore, il fallimento. Lo sbaglio viene registrato e memorizzato, grazie anche alla cultura dei social, in cui tutto viene sbandierato. E, spesso, non c’è spazio per una seconda possibilità.

Eppure l’errore è lo strumento più forte di crescita. Solo sbagliando, solo cadendo, possiamo superare i nostri limiti e creare qualche cosa di nuovo. L’errore è creatività, l’errore è stimolo, l’errore è banalmente umano.

Mille volte cadrete, mille volte vi rialzerete più forti. Purchè accettiate che siete fallibili e che lo sono anche gli altri, cosa che sembra inaccettabile ai più.

Il successo si ottiene sbagliando, non certo crogiolandosi nella propria presunta perfezione. Buttatevi e osate!

#errarehumanumest

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Zavorre

Ti chiedono di aspettarli.

Perchè adesso hanno casini sul lavoro.

Perchè in famiglia è un periodo complesso.

Perchè non riescono a trovare davvero il tempo.

Precisano però che ci tengono a te.

Che, se potessero scegliere, trascorrerebbero con te ogni attimo.

Che è la vita a incasinare tutto.

Sono fidanzati, amanti, amici, collaboratori.

Quelli che ti tengono in un angolo per l’evenienza.

Quelli che non hanno il coraggio di dirti che non gli importa nulla di te.

Quelli che non chiudono mai perchè non si sa mai nella vita.

Ecco.

Questi vanno evitati come la peste.

Perchè le palle che ci raccontano sono zavorre alla nostra esistenza, che davvero non meritiamo di portarci dietro

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Cappuccino e biglietto

Giornata uggiosa. Trafelata come sempre, ombrello, borsa che scoppia, entro in un caffè della splendida Piazza Ducale per bere un cappuccino, tra un colloquio e un altro con i professori dei miei figli. Mi siedo, tiro fuori agenda e blocco appunti, perché sono una di quelle che infila il lavoro in ogni quarto d’ora possibile, che solo se gioco d’incastri arrivo a fine giornata avendo concluso qualcosa. Arriva il cameriere, lo guardo, mi ricorda qualcuno, ma non so chi, ordino il mio cappuccino. Due minuti dopo ritorna, io ho già tappezzato il tavolino delle mie carte. Appoggia il piattino, mentre io tiro fuori il portafoglio per pagare. Lui mi ferma. “Lasci stare” mi dice, “offro io”. Al mio sguardo interrogativo, continua. “Lei non si ricorda, ma qualche anno fa mi ha pagato il biglietto del treno, altrimenti il controllore mi avrebbe fatto scendere, perché non avevo soldi con me”. Ecco chi era. Sarà stato tre anni fa. Stavo andando a Milano. E questo ragazzo lo avevo visto più volte in biblioteca. Mi era sembrato in buona fede. E quattro euro non mi cambiano la vita. Però mi hanno cambiato la giornata oggi. Mi sono sentita bene. Il sole dentro anche se fuori piove. Meno stanca. La gioia di aver aiutato qualcuno e che questo gesto sia rimasto come un segno positivo. Gli ho sorriso. “Adesso però lo fai sempre il biglietto, vero?” Che la bacchettona che è in me non poteva tacere. “Certo” mi ha risposto. Gli credo. Dare è sempre una gioia, soprattutto per chi dona. ❤️

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Firemen

Negli Stati Uniti sono eroi nazionali. I firemen, i vigli del fuoco che abbiamo visto in azione sotto le torri gemelle e che sono protagonisti anche di pellicole cinematografiche. La gente li saluta per strada, qualcuno li avvicina e gli stringe la mano. Ma sono gli Stati Uniti. Lì i militari, i poliziotti, le forze dell’ordine sono oggetto di un rispetto che noi ci sogniamo. Ho visto con i miei occhi le persone avvicinarli e ringraziarli, in un giorno come tanti, solo per la divisa che portavano “thanks to serve”, grazie di prestare servizio, per noi, per la nostra sicurezza. Qui si lavora e talvolta si muore per uno stipendio da due lire. I vigli del fuoco professionisti sono pochi e i rischi tantissimi. Ci sono i volontari, sì, e meno male, che l’Italia è uno dei paesi in cui il volontariato ha un peso sociale maggiore, ma raramente ció viene riconosciuto. Tutto questo però oggi vale poco. Perché sono morti tre ragazzi, questo solo conta. In un modo tutto da chiarire, ma che suscita rabbia in tutti noi. Rabbia e silenzio. E soprattutto rispetto.

#vigilidelfuoco

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Halloween

E arriva il giorno in cui i tuoi figli escono per andare alla festa di Halloween nella discoteca dove tu hai trascorso notti a ballare. Inspiegabilmente però non provi nè invidia per la gioventù che è un ricordo sbiadito, nè per l’uscita tra musica, limoni duri e qualche cocktail. (Che se si azzardano a berli sti cocktail, li sviluppo come sei deve…). No, no, niente rimpianti. Per la verità godo come un riccio che ad accompagnarli sia mio marito, mentre io leggo un libro sul mio divano. Unica trasgressione una coperta leopardata, che peraltro è per me la copertina di Linus ed è meno provocante di un pigiama di flanella. Ho finto un “se vuoi lì porto io” a cui per fortuna lui ha risposto con un “ci mancherebbe”. Eh, l’amore si vede anche da queste piccole cose. Al ritorno ci berremo un bicchiere di rosso e punteremo la sveglia per andarli a recuperare. Andarli…andrà lui, io terrò il letto caldo. Una volta gli avrei promesso follie al ritorno, ora so che neanche con una pianta intera di ginseng potrei farcela ad aspettarlo sveglia. Torneranno i pargoli, li bacerò, annuserò alito per sentire se hanno fatto i bravi e crollerò di nuovo nel letto. Se sarò fortunata, riprenderò anche lo stesso sogno. Perché ormai ho una certa. Ed è il loro tempo. A me lasciatemi una cenetta, un teatro o cinema, un bicchiere con chi amo. Il cubo ha fatto il suo tempo. E così sia 😉 🎃🌹

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Un numero

So di essere un numero. Uno dei sette miliardi di esseri umani che popolano questa terra. Così piccolo e insignificante da perdersi nella moltitudine. Ma essere trattati come un numero non è lo stesso piacevole. In ogni situazione, lavoro, salute, politica. Perché oltre ad essere un numero, sono anche una persona. Un’anima. Un cuore. Con una dignità che vale più di una statistica. 

Non fatevi trattare come numeri.

Non trattate gli altri come numeri.

Siamo tutti parte di un ingranaggio, in cui la più millimetrica delle viti ha un suo ruolo. Non dimenticatelo mai.

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Rallentiamo….

Troviamo il tempo per tutto. Per il lavoro, per i social, per l’ultima serie di Netflix. Tranne che per noi stessi. Per la nostra salute fisica e mentale.

Andiamo ripetendo che non abbiamo tempo di fare sport, che non riusciamo a seguire un’alimentazione sana perchè il lavoro non ce lo consente, che non vediamo quell’amico da una vita perchè presi dalla frenesia quotidiana.

Nulla di più sbagliato.

Abbiamo invertito le priorità.

Sì perchè la nostra salute va al primo posto, insieme al nostro benessere, alle relazioni personali, al tempo per un libro e per due chiacchiere con chi ha bisogno di essere ascoltato. Corriamo tutto il giorno, ma se non badiamo a queste cose alla fine non arriveremo da nessuna parte.

Ci ritroveremo stanchi, soli e acciaccati, con la sensazione di aver perso la vita a cercare fuori di noi quello che invece è già in noi, il benessere.

Rallentate. Ascoltate il vostro corpo. Riservate tempo per le relazioni personali.

Non domani, ora.

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La bilancia

La bilancia. Amore e odio per migliaia di persone. Chi dice di non pesarsi mai, chi lo fa tutte le mattine, chi ha con lei un rapporto ossessivo, chi usa quella della farmacia, chi ha tolto le pile e non ci pensa più. La bilancia entra nella nostra vita appena veniamo al mondo. Le mamme orgogliose comunicano il peso insieme al nome. Eppure il rapporto con la bilancia è uno dei più difficili. Come quello con un amante che raramente ci dice quello che vorremmo sentirci dire. Ci fissiamo sul numero che lei comunica e non riusciamo a dargli il valore giusto, di numero appunto e niente più. Importante certo nell’ambito del benessere, ma solo un numero. Mentre noi siamo molto di più. Siamo anima, cuore, passione, bellezza. Impariamo a salire sulla bilancia con serenità, senza fuggire ma evitando ossessioni. La bilancia è un oggetto, noi siamo esseri unici, un mondo di emozioni e talenti che non si possono pesare, ma solo vivere.

#bilancia

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Kerouac

Perchè on the road non è un modo di viaggiare, ma uno stato d’animo. La strada che scorre, i paesaggi che cambiano, le sensazioni che si sovrappongono e che riempiono occhi e anima. La radio che suona. La libertà di essere parte di un mondo meraviglioso, che è lì, per noi, per i nostri piedi, le nostre gambe, le ruote della nostra auto.

50 anni fa moriva Jack Kerouac (il 21 ottobre del 1969). Il suo on the road è il nostro on the road, magari un po’ meno alcolico e stupefacente, ma altrettanto vibrante.

“Basta seguire la strada e prima o poi si fa il giro del mondo. Non può finire in nessun altro posto, no?”

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Amiche

Le amiche. Quelle vere. Una fortuna incontrarle, una benedizione averle accanto a sè in questa vita. Possono essere legami dalla nascita, dall’asilo o dalle elementari, oppure puoi averle incontrate un mese fa. Quelle vere le senti a pelle. Non devono fare gesti eclatanti, baci, abbracci, dediche, regali. É sufficiente uno sguardo e un sorriso, che ti fa capire che ci sono sempre, quando hai bisogno e quando vuoi giusto sparare due stupidate davanti a un caffè. Quelle vere sono come te. Incasinate, distratte, sempre di corsa. Così passano le settimane e non vi vedete, non vi sentite. Poi, una sera, arriva un messaggio e passate la notte a chattare. Come se vi foste viste il giorno prima. Senza peli sulla lingua, senza filtri, senza ipocrisie. Le amiche. Quelle vere. Grazie di esistere, grazie di avermi scelto come amica ❤️