Ho incontrato il dolore. Non me lo aspettavo. Era una giornata di sole, in giro tanta gente per il mercato settimanale, il fine settimana alle porte. Avevo il cuore leggero e tentavo di vivere lasciandomi scivolare addosso il senso di inadeguatezza che spesso mi tormenta. Ero disarmata insomma, impreparata. E due occhi profondi mi hanno raccontato un dolore che toglie la pelle. Senza lacrime, senza inutili tragedie, senza perdersi in frasi fatte o in perifrasi di circostanza. Mi hanno portato nel loro dolore improvviso, quello di certe malattie che non lasciano scampo, che non chiedono permesso, che si intrufolano di soppiatto nella tua esistenza e quando ti accorgi di loro hanno già fatto man bassa di energie, di cellule, di pelle, di sangue, di tutto insomma. E di fronte a un dolore così composto mi sono sentita disarmata. Non avevo parole, io che abuso di parole. Nessuna poteva rendere lo stato di empatia che ho provato in quel momento, nessuna sfuggiva alla banalità dei convenevoli. Ho sentito la gola stringersi e gli occhi bagnarsi, come se tutto questo appartenesse anche a me, e non fosse il brano di vita di una persona che conosco, neanche tanto bene, che stimo ma che insomma non è l’amica delle confidenze. E ho capito quanto potente sia l’animo umano. Quanto straordinario sia il cuore che portiamo dentro, in grado di farci percepire, annusare, sentire, vivere i brividi di un altro e di renderli nostri. Ho amato il mio essere senza pelle, perché se è vero che sono senza difese contro l’invidia e la cattiveria di tanti momenti, è vero anche che solo lasciando entrare le sensazioni ci sentiamo vivi. O morti. Come mi sono sentita io in quel momento. Di fronte al dolore di una amica. Disarmata. Con il sole alto nel cielo azzurro, il rumore della gente, il via vai noncurante. Ho incontrato il dolore.