Seduta davanti al suo cappuccino senza la forza di partire. Era troppo stanca, troppo arrabbiata, troppo delusa, troppo. E quando accadeva il mondo intero girava al contrario e lei si sentiva lo schifo addosso, come aveva scritto Baricco in un suo romanzo. La solitudine era insopportabile in quei giorni. Lavorava nel silenzio. Mangiava nel silenzio. Si muoveva per quella casa senza che ci fosse un rumore a ricordarle che era viva. Era stanca. Sì, continuava a ripeterlo. Stanca. Quella vita sempre in salita. I disturbi alimentari da ragazzina e l’adolescenza saltata, puff in un attimo. L’aborto e il dolore di un corpo che ti tradisce, e chi se ne frega se le statistiche dicono che capita ad una donna su due. É successo a te e la ferita è ancora aperta. Le gioie per l’arrivo dei figli, sempre però con il cuore in gola, che pure le minacce di parto prematuro le erano capitate, mesi nel letto lei, che non era in grado di stare sul divano cinque minuti. Era stanca. Troppo stanca. Il lavoro sognato e guadagnato con i denti portato via per non si sa quale ragioni, di sicuro indipendenti dalla sua volontà. E ogni volta ricominciare. Sempre con il sorriso. Perché le era stato insegnato che si va sempre avanti, buon viso a cattivo gioco, mai una lamentela, mai un non ce la faccio. Sempre quel dannato sorriso e quella disponibilità che la rendeva odiosa agli altri, invidiata forse, di sicuro sola, perché se sembri sempre felice agli altri dai fastidio. Legge di Murphy scritta nella roccia. Era stanca. Pure di fregature. Come quell’amica di cui si era fidata e con cui aveva costruito qualche cosa e che le aveva piantato un coltello nella schiena alla prima occasione. E lei perdonava sempre. Ma quella no. Non la perdonava. Al pensiero strinse forte la tazza. Le dita divennero bianche dallo sforzo e la bocca si contrasse in una smorfia. Sta stronza. E poi al culmine della rabbia la sua mente venne invasa da lui. Dal suo sorriso, i suoi occhi buoni, i suoi baci, il suo esserci sempre e con discrezione, il suo raccoglierla ad ogni caduta, il suo modo gentile di rimproverarla, il suo amore. Lo dava troppo per scontato ma lui era il regalo che la vita le aveva fatto tanti anni prima. Lui e i suoi figli. E allora che vadano a quel paese tutti e tutto. Avrebbe voluto metterli in una valigia e partire, andare via. Via dai pettegolezzi, da questo buco del mondo in cui non c’era spazio per la sua creatività, dalle false promesse, via via via. Era stanca. Sì. Ma con loro sarebbe ripartita anche oggi. Mise la tazza nel lavello, la riempi di acqua e si preparó ad un nuovo giorno. Si sentiva molto Rossella O’Hara e invece era solo una donna come tante. Ma le donne come tante sono quelle che non si arrendono mai. Infiló il cappotto e uscì. Il cielo era plumbeo e l’aria gelida. Pronti via e basta pensieri negativi. Era stanca. Ma non si sarebbe fermata. Mai. E avrebbe continuato a sorridere. Sempre