Aspetto. Un appuntamento sempre rimandato. Un treno che non passa mai dalla mia stazione. Un bacio promesso. Una lettera con la carta ruvida. Aspetto. Che qualcuno si accorga dei miei pensieri. Che arrivi la primavera e i fiori sull’albero in fondo alla via. Che un amico mi telefoni senza motivo. Che il libro che sto scrivendo trovi il coraggio di vivere. Aspetto. Qui seduta. In un centro commerciale. Tra vetrine piene di saldi che non vedo. Con una borsa di plastica in mano che contiene la mia cena. Il telefono in mano. Aspetto. Forse qualcuno. Forse qualcosa. Di sicuro ancora per poco. Perché io odio aspettare. Non si vive aspettando. Ecchecavolo. Se il treno non passa ne prendo un altro, da qualche parte va lo stesso, meglio che stare fermi no? Se un amico non telefona lo chiamo io, tanto ho i minuti illimitati e un bisogno disperato sempre di condivisione. Se nessuno si accorge dei miei pensieri, li urlo o li scrivo, e se non ve ne frega un tubo, bè anche a me non frega davvero niente di molte stronzate che leggo, ma le leggo lo stesso. Se il libro non trova il coraggio, inizierò da un racconto e poi magari una cosa tira l’altra. Sì perché di aspettare mi sono stancata prima di iniziare. E adesso colli alza il culo che su sta panchina sembri una di quelle vecchiette che vanno al centro commerciale perché non sanno cosa fare oppure perché c’è caldo d’inverno e l’aria condizionata d’estate. Ci ripensiamo tra qualche anno va. Che acida lo sei già ma alla terza età mancano ancora una ventina d’anni. E che a star seduta ti diventa pure molle il lato B. E non sia mai detto. Aspettate voi se volete, io non ho tempo….
C’è un tempo per tutto.