Appartengo a quella generazione cresciuta senza internet e social, che quando doveva fare una ricerca andava in biblioteca e fotocopiava ciò di cui aveva bisogno oppure lo trascriveva da vera amanuense. A quella per cui il cellulare è stata una super novità, ma per telefonare appunto, al massimo avevi gli sms ma dovevi stare attenta a quanti ne facevi, altrimenti li pagavi un botto. Ve li ricordate gli squilli? Che mica c’erano i minuti illimitati, tutto con il contagocce e andava bene così. Appartengo alla generazione delle telefonate dalle cabine telefoniche, prima i gettoni poi la tessera, del Walkman, delle videocassette a noleggio sputate da macchine tipo juke box, dei juke box appunto. Non avevamo bisogno del contapassi per fare 10 mila passi al giorno, perché li facevi, per andare a trovare gli amici o per fare le vasche, che non c’erano le videochiamate e magari ti facevi mezz’ora di strada solo per stare 5 minuti con il tipo che ti piaceva tanto. Non era nè meglio nè peggio di adesso, non mi piacciono quelli che dicono “ai miei tempi…” Era diverso ecco, e per questo anche io sono diversa. Mi sono adattata con gioia ai social, a Netflix, a YouTube, a Spotify, all’home banking (Dio la benedica!), ai giornali online e a tutto ciò che la rete offra. Ma non sarò mai una nativa digitale come i miei figli. Preferirò sempre il contatto alla rete. La carta allo schermo. La musica dal vivo al suono del telefono. Un bacio. Una carezza. Un caffè. Le fotografie sbiadite in cui sei venuta di merda ma era l’ultima del rullino e svilupparne di più costava troppo. Guardo avanti ma ricordo da dove vengo. E i meccanismi social a volte mi sono incomprensibili. Così. Perché a volte viene da pensare che si stava meglio quando si stava peggio. Sarà l’età?
semplicemente ai nostri tempi si era più genuini, semplici, veri ed anticonformisti. Mi permetto di dire questo perché, essendo Suo coetaneo, provo anch’io nostalgia quando penso a quella vita senza filtri e false fotocopie di se stessi. Per quel che vale, cerco di vivere sempre un passo indietro rispetto alla folle corsa tecnologica, perché questi mezzi devono aiutarci, non renderci schiavi; devono essere complementari alle nostre esistenze, non fondamentali.