27 dicembre 2020. Vaccine day. Così lo hanno chiamato i media. Il giorno del vaccino. Oggi potrebbe essere l’inizio della fine. Non so se crederci, vi dirò, perché qui tra varianti e dubbi ininterrottamente alimentati in noi inermi spettatori, non crediamo più a nulla. Ci siamo abituati a numeri di contagi e morti una volta intollerabili. Abbiamo accettato restrizioni che avremmo rifiutato come lesione delle nostre libertà individuali. Abbiamo rinunciato al Natale, alla Pasqua, agli abbracci con i nostri cari, a due salti in discoteca, ai concerti, al cinepanettone, ai viaggi, all’aperitivo, allo shopping uno sopra all’altro in un centro commerciale il sabato pomeriggio. E lo abbiamo fatto con coscienza, hanno dovuto ammetterlo anche al tiggì, e secondo me un po’ gli è dispiaciuto non darci dei soliti italiani furbetti. Ora speriamo che sto vaccino, arrivato e scortato che neanche il presidente degli Stati Uniti, dia i risultati sperati e che si possa tornare a vivere, a lavorare, a produrre. Rivogliamo la nostra libertà. E spero che in futuro oggi diventi una data storica e che si dica “il 27 dicembre 2020, un vaccino creato e testato in tempi mai visti primi e con una collaborazione internazionale, mise fine alla più grave pandemia dopo la spagnola”. Bello eh?