E poi, in un tramonto qualunque di metà settembre, mentre il cielo ha deciso di dire la sua ed è di un blugrigionero che non riesci a definire, ti scopri innamorata di questa terra. Questa terra che hai sempre voluto lasciare e che ti ha tenuto legata a sè come un amante geloso, questa terra fatta di acqua, umida e nebbiosa, che d’estate specchia le montagne e d’autunno si immerge nella nebbia degli antichi cavalieri. Questa terra che questa sera si estendeva dalle Alpi del rosa agli Appennini laggiù, in alto il cielo tempestoso, sotto i campi gialli e verdi, ma di un giallo giallo e di un verde verde, che non lo trovi neanche nella confezione da 36 dei pastelli Giotto. Questa terra che profuma di terra, e non è una rindondanza, profuma di terra che anela la pioggia, e nelle giornate calde d’estate profuma di afa e zanzare, e nella nebbia che bagna i capelli il viso l’anima, profuma di nebbia, che è acqua, vapore, freddo ma non troppo, erba bagnata, un eau de toilette che nessuno potrebbe mai riprodurre ma che non ti togli di dosso. E in fondo ti piace. Perché è la tua e tu sei sua. E sai che ovunque tu vada, per quanto la rinneghi e la allontani, non ci sarà mai paesaggio alba o tramonto che tu senta tuo come quello di stasera. Coi lampi a squarciare il cielo. E la terra lí, immobile, ad aspettare. E il vento che soffia e stacca le prime foglie di un grosso platano…