Il 4 marzo per me è un giorno di festa. Lo è sempre stato. È il compleanno della mia mamma, che è il mio secondo cuore. Oggi però è difficile. Oggi ho visto il dolore di una madre che perde una figlia, fatto innaturale e spietato. Un dolore amplificato da tutti noi, attoniti di fronte a un lutto inspiegabile. Siamo troppi giovani per trovarci così spesso ai funerali, come è accaduto in questi ultimi due anni. Troppo. Li conoscevo tutti quelli che oggi salutavano la nostra amica per l’ultima volta e si sentivano schiacciati dal pianto di quella mamma. E dal silenzio di quel papà, diventato piccolo piccolo, annientato dal dolore. C’eravamo tutti, noi che abbiamo ballato insieme negli anni ‘90, abbiamo fatto casino, ci siamo incontrati, innamorati, sposati, separati, abbiamo figliato, fatto carriera, siamo emigrati. Stamattina eravamo tutti lì. Ma non era un giorno di festa questo 4 marzo. Era un giorno di consapevolezza. Che dobbiamo vivercela sta vita, pienamente, senza fare cazzate, senza lasciare nulla indietro, senza dire domani, ma solo oggi. A dispetto del Covid, della guerra, della crisi, della siccità. Dobbiamo vivere per noi e per i nostri amici che non ci sono più, per i sorrisi che ci hanno lasciato, per le troppe, inutili speranze riversate nel futuro. Oggi, oggi e ancora oggi. E con la mamma festeggerò domani, che oggi, davvero, non ci riesco.