Due anni. Sì, due anni da quel 20 febbraio 2020 in cui abbiamo avuto notizia del paziente 1, ovvero del primo caso “autoctono” di Covid a Codogno. Due anni in cui sono cambiate tante cose, ma soprattutto siamo cambiati noi e il nostro modo di relazionarci. Ci siamo detti che ne saremmo usciti migliori. Bah. Di migliore vedo purtroppo poco intorno a me. Ma, nel mio incrollabile ottimismo, voglio pensare che ci stiamo ancora leccando le ferite, che la pandemia è ancora in atto, che forse dovrà passare un po’ di tempo perchè la distanza ci regali i giusti insegnamenti. Di sicuro siamo più egoisti, più stanchi, più arrabbiati, più poveri economicamente, più disillusi. Ecco, disillusi. Il Covid ci ha tolto l’illusione di essere invincibili, perchè dai, dopo essere andati nello spazio, dopo aver inventato tecnologie che ci regalano il mondo in un clic, dopo aver reso il mondo davvero piccolo, ci illudevamo che nulla avrebbe potuto sconfiggere la nostra fantastica umanità. Ecco, forse un meteorite come quello di “Don’t look up” ci faceva un po’ paura, ma non certo un virus invisibile e microscopico. Eppure ci ha messi in ginocchio e dobbiamo assolutamente fare tesoro di questi due anni. Abbiamo imparato a gestire la paura, riscoperto il valore di un abbraccio, compreso quanto sia fantastico viaggiare, colto a fondo il valore unico della libertà, rimesso al centro la nostra salute, prima di tutto. Io sono cambiata in questi due anni e non sarò più quella di prima. Ma va bene così. Il cambiamento è necessario per il progresso e guardare indietro serve solo nella misura che possa insegnarci qualche cosa. Quindi, nel ricordo di chi non c’è più, avanti tutta.
e, come se non bastasse, finita la pandemia, o quasi, qualcuno pensa alla guerra…. Quanta ragione aveva Quasimodo!