Quando diventi genitore, non sai a cosa vai incontro. O meglio, sai quello che hai supposto da figlio, quello che hai visto intorno a te, quello che ti hanno raccontato. Cioè non sai nulla. Sei lì, con questo esserino perfetto e di fatto non sai da che parte prenderlo. Un po’ come la prima volta che ho aperto la scatola di un iPhone e ho cercato invano le istruzioni. “È intuitivo” mi hanno detto. Idem con i figli. Vai a intuito. A tentativi. Cercando di fare del tuo meglio. Che poi col tempo maturi la certezza che, per quanto ti impegni, sbaglierai comunque. Che fare il genitore non è una scienza esatta ma un atto d’amore. E nulla è più imperfetto di un atto d’amore. Imperfetto e incompiuto, perché in fieri, in divenire. Quando poi arrivi all’adolescenza, oltre a non esserci istruzioni, i caratteri sul display del famoso iPhone sono in cinese. Manco l’intuito aiuta. E tu ti ritrovi ad avere in casa esseri con una voce profonda, pelosi, sempre persi in un mondo tutto loro, che dicono di essere i tuoi figli. Si, gli stessi per cui fino a due mesi prima eri il centro del mondo, ora si arrabbiano se non bussi prima di entrare in camera loro. Gli stessi a cui hai pulito il sedere migliaia di volte (atto che solo l’amore può giustificare) ora non vogliono farsi vedere nudi, quelli che un tempo ti raccontavano tutto, ora si trincerano dietro un “sono fatti miei”. E tu ti ritrovi in premenopausa, con le prime rughe e i capelli bianchi qua e là, gelosa di quella ragazzina che ora occupa il loro cervello al tuo posto. Si, perché siamo gelose, anche se è stupido e irrazionale, ma tant’è. E mentre rifletti su queste cose, ti passa davanti il maschio alfa di casa, in pieno edonismo da cinquantenne, e ti guarda con lo sguardo dell’uomo che non deve chiedere mai e poi ti fa uno dei suoi complimenti che come sempre commenti ironica ma che ti fanno piacere. Ecco. Spero che le due creature, con o senza istruzioni, diventino come lui. Uomini che amano le donne. Uomini che rispettano le donne. Sempre.