La pandemia ci ha insegnato tante cose, che forse non avremmo voluto scoprire così, ma che vale la pena ricordare.
Ci ha fatto capire quanto è bello muoversi. Quanti pigroni da divano che si sono riscoperti podisti? Quanti anti palestra che ora si allenano davanti agli schermi? Abbiamo capito che siamo animali e abbiamo bisogno di camminare, correre, far lavorare il nostro corpo. Altrimenti stiamo male, e non solo fisicamente.
Ci ha fatto capire quanto sia importante stare con gli altri. A parte qualche misantropo, infatti, tutti lamentiamo la mancanza di relazioni dirette, di cene, aperitivi, caffè, chiacchierate, serate davanti a un tavolo a scambiare esperienze. Perchè siamo animali sociali ed è vitale questo scambio, che ci rende unici nel genere degli esseri che popolano la terra. Possiamo stare isolati, se è necessario, ma non venitemi a dire che questa è la vita di noi uomini.
Ci ha fatto capire il valore del contatto. Toccarsi. Baciarsi. Abbracciarsi. Sentirsi. Quanti di noi lo hanno rifuggito per anni, per timore, per educazione, per forma mentis! Ma quanto vorremmo stringere le mani delle persone che incontriamo! Quanto vorremmo darci i tre baci di quando eravamo ragazzini! Abbiamo capito che il contatto, che la mamma ci ha regalato da piccoli, è una necessità vitale e la sua mancanza un dolore latente, che permane nei nostri giorni.
Ci ha fatto capire che le disgrazie non migliorano gli uomini. Lo abbiamo sperato tutti, che la pandemia ci rendesse un popolo migliore. Guardando i tanti volontari all’opera, la loro abnegazione, il lavoro senza fine di medici, infermieri, sanitari, abbiamo creduto che ne saremmo usciti più gentili, più altruisti, più aperti verso il prossimo. Ciò che vediamo, a un anno di distanza, è invece un popolo stanco e incattivito, e non solo con il governo, ma con chiunque la pensi in modo differente. Tutti contro tutti. Leggete qualche post dei social e la vedrete lì, la pandemia nella pandemia, la strage dei rapporti sociali, della buona educazione, della tolleranza dell’altruismo. Abbiamo capito che homo homini lupus, anche se non ci piace e con buona pace dei dettami religiosi.
Ci ha fatto capire che ognuno ha una voce e può farla sentire agli altri. I social sono stati la cassa di risonanza per tutto e tutti. Forse adesso però sarebbe il caso di capire che non sempre abbiamo qualche cosa da dire, che pure nella democrazia delle idee, ognuno dovrebbe sapere quando parlare e, quando invece, in un consapevole silenzio, tacere.
Ci ha fatto capire quanto conta la famiglia e gli affetti stabili (i famosi congiunti!) e come si debba prima di tutto star bene con sè stessi e con i propri cari, altrimenti la vita è bella a metà. Abbiamo capito che soli valiamo poco e che solo dandoci la mano, anche virtualmente, possiamo costruire il nostro domani.
Ci ha fatto capire tante cose. Proviamo a rifletterci in silenzio, lontano dai social, e a decidere come tutto questo potrà renderci esseri più consapevoli. Se tutto sto disastro avrà portato anche solo un effetto di valore in ciò che siamo, ecco, allora, forse, avremo imparato a ballare sotto la pioggia.