Leo è tornato a scuola oggi. Finalmente, mi ha detto lui questa mattina all’alba. E mi è sembrato uno splendido inizio. Perché se lui e suo fratello non si sono mai lamentati per il lockdown e la didattica a distanza, è anche vero che a entrambi è mancata la scuola. I compagni. I professori. I banchi. La bidella. L’aula magna. Lo scalone d’ingresso. Le lezioni in cui alzare la mano e quelle in cui nascondersi dietro al compagno davanti per distrarsi un po’. Il confronto e la quotidianità. Stamattina l’ho visto felice, dietro la sua mascherina, con l’amuchina nello zaino e duemila raccomandazioni che neanche alle elementari gli facevo. Lavati le mani. Tieni le distanze. Non abbassare la mascherina. Sul treno, vai nello scompartimento più vuoto. Non fate gli stupidi, non siete immuni. Da mesi che gli ripeto alla nausea queste frasi. Togliti le scarpe appena entri in casa. Hai lavato le mani? Nei suoi occhi, leggo un “cheppalle” grande come una casa, ma non importa. Nel dubbio, io vado avanti con le regole dello star bene. Che un po’ di pulizia, covid o no, non ha mai fatto male a nessuno. Soprattutto ad adolescenti che hanno da sempre difficili rapporti con il lavarsi. Ma questo è un altro discorso. Al ritorno, dopo sette ore in classe, sorrideva ancora di più. Tanti prof nuovi quest’anno, fa il terzo anno del liceo classico Leo. Il prof di italiano? Fantastico, commenteremo insieme i giornali, mi comperi il Corriere? Domani devo portare greco. Mamma, abbiamo in casa l’Apologia di Socrate? Sai che filo non sembra male? E così via. A riempire occhi e bocca di voglia di imparare. E le misure di sicurezza? I banchi? La mascherina? Tutto ok mamma. Tranquilla. Basta abituarsi.
Non so come andrà quest’anno. Nessuno lo sa. Ma oggi ho respirato normalità. Ed è stato bellissimo ❤️