Un’estate che non scorderemo quella del 2020. L’estate delle polemiche sulle norme anti Covid e sulla loro personalissima applicazione. Ancora una volta, l’italiano ha manifestato la sua originalità ed eterogeneità, interpretando leggi poco chiare ad libitum. Abbiamo visto spiagge affollate senza distanziamento e locali che chiedevano cartella clinica e 730 per farti (forse) mangiare all’aperto, bar in cui si brindava senza il minimo distanziamento e mascherine indossate a duemila metri circondati solo da qualche capriolo perplesso. Tutto e il contrario di tutto. Un’estate in attesa dell’autunno, con il fiato sospeso, cosa mai vista, di solito si rifugge come peste la sola idea del ritorno alla quotidianità. In attesa della seconda ondata, per poter dire te l’avevo detto, sia che il virus disgraziatamente riprenda forza sia che limiti i suoi effetti e ci riporti alle solite polemiche politiche, sociali, economiche, lasciando i medici a fare il loro mestiere. Un’estate difficile, in un anno difficile. L’estate in cui ci avevano raccomandato di stare in Italia e far lavorare il nostro turismo, e noi, che ce ne fotte, ad affollare Croazia, Spagna, e poi in coda al drive in a fare il tampone. Fine quarantena, drive in al Mac Donald, ora al Covid point. Così è. Un’estate che non scorderemo e che vogliamo scordare a tutti i costi. Pure la musica. Un disastro. Canzoni così vuote che ho apprezzato l’old style della mia vicina, Mina, Fred Bongusto e il buon Elvis. Che dire, al peggio non c’è mai fine. Ma una fine adesso farebbe piacere, dai.