50 giorni in casa. Sembra il titolo di un film. 50 giorni di abitudini stravolte e di ritmi diversi. 50 giorni senza poter viaggiare, uscire a cena, fare shopping, abbracciare un’amica, andare in palestra. 50 giorni che hanno sgretolato il nostro PIL e che faranno danni per i mesi a venire. 50 giorni per pensare. L’unica libertà che abbiamo avuto è stata quella di pensare. Abbiamo finalmente potuto dedicare ore a riflettere e a leggere, approfondire, indagare. Senza sentirci in colpa perché non eravamo operativi, in quel turbinio di impegni e appuntamenti che è la nostra vita. E pensare non è che faccia poi sempre bene. Voglio dire che dal pensiero filosofico altissimo alla sega mentale è un attimo. Ci vuole davvero poco a sbarellare seguendo la mente, perché anche la riflessione ha regole che vanno rispettate. In questi 50 giorni ho sentito così tante cazzate tra tv, social e radio, cazzate che finiscono per inquinare i pensieri: complotti, teorie, oscurantismi, supposizioni. Tutti a dire la loro, quando il silenzio è sacro. 50 giorni di silenzio nelle strade, ma di rumore nella testa, alimentate da un’inquietudine che ci ha reso tutti fratelli. Non so se ne usciremo cambiati. Vediamo di uscirne, poi valuteremo. Anche se credo che il cambiamento ci sarà solo in chi vuole cambiare. In chi ha capito alcuni limiti e vuole modificare la rotta. Non si cambia perché ci viene imposto, quella è solo una maschera. Si cambia perché lo decidiamo. Volete cambiare? Pensateci, se non lo avete ancora fatto. Abbiamo ancora un po’ di giorni. E dalla tragedia potrebbe uscire qualche cosa di buono. Come un vulcano che, eruttando, distrugge e seppellisce, ma nello stesso tempo rende il suolo ricco di nutrienti e minerali per la vita che verrà.