Domenica mattina. Giornata tersa. Silenzio. Il silenzio irreale che da una settimana contraddistingue i nostri giorni. Mentre faccio colazione, mi chiedo come sarà la nostra vita dopo. Dopo il Coronavirus. Dopo la quarantena. Dopo la serrata. Perché non credo che torneremo alla vita di prima come se nulla fosse stato. Impossibile. Questa esperienza resterà dentro di noi, come una guerra, come un sisma, come uno tsunami. Sento gli uccellini cinguettare. Di solito sono coperti dal rumore delle auto. Adesso li sento, distintamente, abbaia un cane, passa un automobile. Poi silenzio. Dicevo, come sarà dopo? Dimenticheremo come l’Europa si è comportata con noi italiani? Non credo. Continueremo a tagliare i costi della sanità? Non credo. A dare poca importanza alla libertà? Non credo. Penso che quando tutto sarà finito, avremo imparato l’importanza delle relazioni sociali, della condivisione. Avremo capito quanto è fondamentale rispettare le regole, sí, anche noi italiani, furbetti irriducibili. Ci saremo riscoperti pazzamente innamorati dell’Italia, orgogliosi dell’essere italiani, uniti come non mai, e non solo quando gioca la nazionale. Non so come sarà il mondo poi. Sarà meno inquinato. Almeno l’aria. Respireremo meglio, anche grazie a un virus che toglie il fiato e ammazza i polmoni. Ironia della sorte, vero? Come saremo noi? Sarà bello scoprirlo. Intanto gli uccellini stanno cinguettando animatamente. Ed è bello stare qui ad ascoltarli. Una tazza di caffè latte in mano. E nessuna fretta. Mentre il giorno nasce e il cuore si aggrappa alla speranza che presto torneremo ad abbracciarci. Stretti stretti.