Mi sono messa a nudo sulla rete. Ho raccontato la mia vita, i miei sogni, le tante cadute, i pianti. L’ho fatto per un bisogno personale, come se, raccontandolo, lo ascoltassi anche io e imparassi ad accettarlo. Internet è stato per me terapeutico, perché mettermi così in mostra mi ha fatto superare tante, tantissime fragilità. Non è stato facile ma mi ha fortificato. Mi ha anche aiutato a superare la solitudine, quando chi amo era via, nei pomeriggi in cui lavoro, lavoro, lavoro e non arriva neanche un messaggio da un’amica, alla mattina presto e alla sera tardi, quando i conti con l’anima si fanno più pesanti. Ora questo bisogno non c’è più, ho fatto pace con i fantasmi, con il mio corpo, con la mia vita. Sono diventata grande e tante cose sono scivolate via. Mi trovo quindi a chiedermi il perché di essere nei social, di pubblicare foto, brani, sensazioni. E la domanda è ricorrente e resta lì, appesa, mentre i giorni passano frenetici. Non ho fini economici nè pretese di visibilità. Pubblico per ridere. Per far vivere Lacolli. Per diffondere cultura. Per spingere allo sport. Ma è tutto meno necessario. Triste vero che io abbia avuto bisogno della rete per buttarmi fuori? Già. Ma quando sei circondata dal silenzio e dall’idea sbagliata che gli altri hanno di te un modo lo devi trovare. Perché scrivo questo? Perché si scrive tutto e si pubblica tutto. E perché io un mio senso per i social ce l’ho. Vi invito a trovare il vostro perché tutti impariamo ad usarli e non, come spesso accade, ad essere usati.