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Sensibilità

Sono un uomo sensibile. Ecco, una frase così intenerisce, commuove, addolcisce. Punto. Sì perché “uomo sensibile” è un classico esempio di ossimoro, ovvero di accostamento di due termini in contrasto tra loro. Non che gli uomini non si commuovano, non abbiamo un cuore, non provino sentimenti profondi. No no. Solo che tra la sensibilità maschile e quella femminile c’è un abisso. Stai male e lui ti bacia sulla fronte “non fare così”, e mentre lo fa segue con un occhio la partita in tv. Gli racconti dell’ultimo litigio con la tua migliore amica, seguendolo per casa perché col cavolo che si siede ad ascoltarti, e alla fine lui ti dice “mandala al diavolo è una stronza”. Piangi per un film e lui ti guarda e ride. Non sai cosa metterti alla sera e lui, invece di sedersi accanto a te e sostenerti in un momento così decisivo, ti dice “ma stai bene con tutto”. Ora, capite che la sensibilità è un’altra cosa. Quanti dedicano ancora una poesia ad una donna? Quanti una canzone? Quanti improvvisano a sorpresa cenette e viaggi? Romanticismo, altro sconosciuto. Che poi se gli dico che non è romantico, mi tira fuori l’esempio di Leopardi, che era sensibile, colto, delicato, “però dai Colli, era un po’ sfigato, no?” Uff. Per sto Natale voglio sensibilità sotto l’albero. Non scrivo tra le palle perché potrei essere fraintesa. Un pelino in più no? Voglio dire, se mi cade il fondotinta e va in mille pezzi sul pavimento e butto così via il costo di una cena, tu non puoi ridere e farmi la foto mentre pulisco, devi piangere con me ed aiutarmi a spalmarmelo sulla faccia. E poi comperarmene uno nuovo. Minimo. Questa è sensibilità. Capito?!??

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