Ho ascoltato il mare. Risuonava come un tuono dentro un arco naturale. Non aveva la pacifica dolcezza dell’onda che si infrange sulla spiaggia. E nemmeno la carezzevole melodia dello sciabordare sulla chiglia di una nave. Era forte, potente. Come il tuono che precede la tempesta. O un aeroplano che vola radente. L’ho ascoltato e poi gli ho raccontato una storia. Così, a voce alta. Seduta su uno scoglio, le spalle alla spiaggia, eravamo solo lui ed io, e la mia voce si perdeva nelle onde bianche. Gli ho raccontato di un uomo che cercava il suo destino. Un uomo come tanti, e che come tanti era alla ricerca di risposte alle troppe domande che la vita, se la ascolti, ti rivolge. Le aveva cercate le risposte. Nei libri, tanti, tantissimi libri. Nei viaggi, tra civiltà diverse, sotto la pioggia scozzese e nel deserto americano, tra i vicoli di Casablanca e percorrendo con lo sguardo le risaie di Bali. Le aveva cercate nelle donne, così complesse, affascinanti, diverse, e poi nella donna che era sembrato il pezzo mancante al suo puzzle. Nella vita, che era nata da lui e per lui, e in ogni sfumatura del sorriso che i suoi figli gli regalavano. Ma ad ogni risposta c’era una nuova domanda, ad ogni vittoria una sfida differente. E adesso era lì. Seduto di fronte al mare. Nello zaino i suoi anni, i suoi malanni, le sue esperienze, i vizi e le poche virtù. Sai, mare, quest’uomo non le aveva le risposte, così come non le ho io. Eppure davanti a queste onde tutti i dubbi sembrano svanire. Non ci sono soluzioni. No. Nello zaino di quell’uomo e neanche nella mia borsetta. Ma il mare inghiotte la paura, le domande, i se e i perché. Il mare ti risponde con il suo tuonare che copre tutto e in fondo viene a dirti che nella vita devi solo nuotare e stare a galla. Che ci sarà sempre un’onda troppo alta. O uno scoglio che non ti aspetti. Ma anche che, se non ti tuffi, non potrai mai dire di aver davvero vissuto.