Sarebbe molto più facile se ci avessero inculcato il pensiero che basta un uomo qualsiasi per essere felici. Non magnifico, non attento, non fedele, non galante, non capace. No, uno qualsiasi. Tu lo vedi, lui ti vede.
Ciao.
Ciao.
Baciami. Vieni a cena con me. Ti faccio vedere il mio bilocale. Fai bene l’amore. Anche tu fai bene l’amore. Se sei credente ci sposiamo. Se vuoi il vestito bianco ci sposiamo. Il bianco mi ingrassa. Occhei chissenefrega. Stasera facciamo un figlio o una torta? Un figlio. Fai due. Meglio tre.
E giorni sempre uguali. Sempre uguali ma anche quasi belli. Sempre uguali e a volte pure brutti. Non ci si lascia mai. Perché se per ognuno di noi fosse destinato un LaQualunque vivremmo così, un po’ felici, un po’ tristi, un po’ annoiate e un po’ appagate.
Ed invece hanno creato esseri umani interessanti, di quelli che sono belli sul serio, di quelli che in una giornata vorresti fare tutto, proprio tutto. Ciao. Bilocale. Amore. Matrimonio. Figlio. Fai due. Meglio tre.
Ed è una felicità che annusi all’istante perché hai un olfatto che la riconosce la felicità, la sa riconoscere tra una moltitudine di altri odori.
E allora la segui, quella felicità. Chiedendoti però se non sarebbe meglio uno qualunque, con cui mettere radici serene, con cui guardare la tivù alla sera senza pensare che sia tristezza infinita, ma pace, finalmente pace.
Costa così tanto la felicità.
Domandarti quanto sei disposta a rischiare e quanto invece quella tivù non resti un porto sicuro.
Perché lo sanno tutti che nei porti sicuri si sopravvive. In mare aperto non è mica detto.
Da “Confessioni di una mente cinica, isterica e romantica”…