Ho frequentato il liceo classico, tanti anni fa ormai, eppure quando passo davanti all’ingresso di Palazzo Saporiti a Vigevano vengo ancora travolta dai ricordi. Sono stati anni difficili e di rinunce ma affondare la testa nei libri è sempre stato più un piacere che un dovere per me. Ricordo lo scalone che portava all’ingresso e le chiacchierate la mattina presto. Ricordo i corridoi e le aule vecchio stile in un palazzo storico che sta cadendo a pezzi. I bagni minuscoli su di un ballatoio che sfidava tutte le regole della sicurezza. Ricordo la mia classe, ampia, luminosa, i banchi verdi con il buco per il calamaio e le sedie con tremila cicche attaccate sotto. Ricordo i miei compagni, quasi tutte femmine eravamo, tante con i capelli lunghi lunghi, le cartelle Invicta, le smemo, le penne colorate. Ricordo i miei prof, alcuni sono davvero rimasti nel cuore e le loro parole mi hanno spinto a diventare la donna che sono. E soprattutto ricordo il bellissimo viaggio tra greco latino storia italiano filosofia: ho amato questa scuola con tutta me stessa e ancora oggi mi piacerebbe sedermi tra quei banchi ad ascoltare il prof che legge i lirici greci o analizza un canto di Leopardi. Anche se la lezione più importante non l’ho ancora imparata, quel conosci te stesso che Socrate mi urlava dal libro di filosofia e che, per quanto mi sia impegnata, non sono ancora riuscita a realizzare. E anni fa, incontrando per caso uno dei miei prof, ne abbiamo parlato e lui, con il suo indimenticabile tono di voce e quell’aria tra il serio e il faceto mi ha risposto “Ma Colli pensa che se fosse stato facile l’avrebbe stimolata così tanto?” (Sì mi dá del lei, ma lo faceva anche allora…) No prof, ha ragione. Le cose facili non sono per me. Ma non mi arrendo. Come quando davanti a una versione non riuscivo a tradurre un passaggio e, poi, gira e rigira, la soluzione la trovavo. Il classico ti insegna anche questo, a usare la testa per risolvere un problema. Conoscerò me stessa prima o poi. Con i miei ricordi in tasca. Con i classici a farmi compagnia nella parte più intima del cuore. Con la penna in mano e la testa che vola lontano. Nella speranza che anche i miei figli siano così fortunati da ritrovare tra i banchi la stessa passione….
Cic ciac
Avrò avuto 16 anni. Primi di luglio, bagni Liguria di Sestri Levante. In riva al mare, telo per terra, libro e tanta voglia di sognare. Dieci, venti pagine, un tuffo in acqua, qualche bracciata e poi di nuovo distesa lì, pancia sotto, capelli gocciolanti e l’ennesimo romanzo che scorre sotto gli occhi ed entra nelle vene. Che tutti i libri letti in quegli anni di lettura “matta e disperatissima” hanno le pagine increspate dall’acqua, dalla salsedine, e se li scrolli un po’ di sabbia esce ancora. Il mio paradiso. Sabbia libri e soprattutto il mio mare, la mia Sestri, con il suo profumo fatto di adolescenza, focaccia, pesce appena pescato. E il suo suono, quello dell’acqua che fa cic ciac sulla carena delle barche, delle canoe, del pedalò: si chiama sciabordare quel suono, ma a me piace cic ciac, e segue il dondolio delle onde, l’unica culla in grado di farmi addormentare senza sogni. Sì, sarà stato il 1991. Il juke box andava a 50 lire e la mia preferita era Losing my religion dei REM. Oh life is bigger, bigger than you…in riva al mare quell’anno mi sono innamorata per la prima volta. Un amore totale, quello dell’adolescenza, quello che ti senti mancare ogni volta che lo vedi, quello che riempi le pagine della smemo di cuori, frasi, parole, perché allora come ora ero molto brava a nascondermi dietro la parola scritta. Quello che ti vergogni di parlargli, che arrossisci all’idea, che vivi per un saluto, lì in riva al mare, sul muretto la sera, tra i vicoli del carruggio. E quando arriva l’estate come adesso, tanti tantissimi anni dopo, quei ricordi fanno sorridere e scaldano ancora il cuore. Ora che sarà forse mio figlio sulla stessa spiaggia, tra le stesse barche, a vivere le emozioni che ti fanno scoprire quanto è bella la vita. Ora che i juke box non ci sono più ma la musica continua ad essere il veicolo più bello per dare di nuovo i brividi di certe emozioni. Avrò avuto 16 anni sì. E in fondo li ho ogni volta che ripenso a quel luglio, a quegli occhi, a quell’estate, alla mia baia che si tinge d’oro quando tramonta il sole. Perché l’estate che abbiamo dentro, in fondo, non finirà mai.
A te
Nonostante tutto tu ci sei. Nei momenti no e nelle giornate di sole. Quando ho il mal di testa, il mal di pancia e tutte le menate del mio essere donna, quarantenne, rompipalle. Quando ti tratto male perché non voglio nessuno intorno. Nella mia follia e nei miei abissi. Tu ci sei. E non manca mai un gesto, una parola, un sorriso, un messaggio, una carezza. Se l’amore è esserci nonostante tutto, allora sì, tu sei l’amore. ❤️
25 anni
25 anni fa la strage di Capaci. Me lo ricordo quel giorno. Benissimo. Erano i giorni più duri della mia adolescenza, e forse anche della mia vita. Erano i giorni decisivi di una battaglia tutta personale che nel giro di poco mi avrebbe visto vincente e perdente allo stesso tempo. Perché quando fai la lotta con te stessa non vinci e non perdi. Soffri. E in quella sofferenza mi ero tuffata nella cronaca, nei giornali, nelle vite degli altri per dimenticare la mia che mi faceva davvero schifo. Davanti agli occhi le immagini dei telegiornali. Sulle mani il nero delle pagine dei quotidiani del giorno dopo, letti con avidità per capire. Scoprire. Conoscere. Che internet non sapevo neanche cosa fosse ed io ero solo una diciassettenne di terza liceo, che viveva in lomellina, lontana dalla mafia, dalla Sicilia, dalla politica, da tutto quel mondo che adesso riempiva occhi orecchie e soprattutto cuore di una nazione intera. Sono passati 25 anni. Quella ragazzina la sua battaglia l’ha vinta, anzi ha vinto la guerra, perché è stata lunga e dolorosa. E come in tutte le guerre ha lasciato ferite sul corpo e soprattutto nella mente. Ha condizionato la mia vita, le mie scelte, il mio destino. E ancora oggi è una guerra che avrei preferito non combattere, perché mi ha reso forte e debole allo stesso tempo. Sono passati 25 anni. L’asfalto a Capaci è stato sistemato. I colpevoli processati. La guerra non so se vinta ma di sicuro sedata con un armistizio, che non cancella le ferite e i troppi caduti lasciati sul campo. E mentre ricordiamo Capaci, il mondo più piccolo porta sullo schermo le immagini di Manchester ed è inevitabile interrogarsi sulla nostra natura. Sui terrorismi. Sul nostro essere homo homini lupus. Senza una risposta. Solo con tanto dolore. E, se possibile, un rispettoso silenzio.
Sensazioni
Ci sono sere che hai l’estate addosso. Sarà il cielo, che oggi pare un affresco, con le nuvole appese all’azzurro, bianche, grigie, piccole, grandi, a cui vorresti appendere un’altalena e dondolare senza fine. Sarà l’aria tiepida e il verde verde della mia Lomellina. Sarà la musica sulla mia cabrio a fare da colonna sonora al paesaggio che scorre. Sarà il cuore, che stasera batte più forte, o forse lo senti battere, che non sempre lo ascoltiamo eppure lui è lì e suona le note più belle. Sarà che è sabato. E ho un vestito nuovo. Un paio di scarpe con i fiori. Un rossetto rosso. E la felicità tra le mani. L’estate addosso. Sí
La felicità
La felicità è una cosa semplice, siamo noi ad essere complicati e a cercarla dove non possiamo trovarla.
La felicità bisogna saperla vedere, che siamo tutti presbiti e guardiamo sempre oltre senza accorgerci che in realtà é lì, ad un passo da noi.
La felicità è camminare mano nella mano, un bacio sulla fronte, una telefonata che non ti aspetti.
La felicità è quando i tuoi figli la mattina, spettinati, con gli occhi chiusi, i pantaloni del pigiama uno su e uno giù, entrano in cucina e ti stampano un bacio sulla guancia, sulla bocca, sui capelli, e “buongiorno mamma, non voglio andare a scuola…”
La felicità è una persona che credevi di aver perso per strada, e invece no, perché l’affetto non si perde per strada e chi ti vuole bene troverà sempre il modo per fartelo sentire.
La felicità è il suo bacio tutte le mattine e tutte le sere, da anni, nei giorni no e in quelli luminosi, con lo stesso amore, la stessa dolcezza, e quella menzogna adorabile di dirti che sei la più bella del mondo.
La felicità é il gelato al cioccolato, la pizza con la mozzarella di bufala, la fiorentina, il brunello di Montalcino e la focaccia della mia Sestri.
La felicità è una giornata al mare, tra il vento, la sabbia e la salsedine, e una sciata a Corvara la mattina presto quando la neve canta sotto gli sci e tu pure canti mentre l’aria ti fa lacrimare gli occhi.
La felicità é scoprire un angolo nascosto della città, camminare a piedi nudi, un’opera d’arte che emoziona, il sole quando non te lo aspetti.
La felicità è qui. Ogni giorno. Nelle piccole cose. E noi non saremo felici quando potremo averla, ma quando saremo capaci di vederla. Lì. Semplice. Tutta per noi.
Goal
L’arbitro fischia e inizia il secondo tempo. Quello in cui non puoi più sbagliare. Se hai chiuso il primo in vantaggio devi consolidare e non mollare mai, perché il pallone è rotondo e in un attimo tutto può cambiare. Se sei sotto di uno, due, tre goal, devi rimboccarti le maniche, cambiare strategia, formazione e soprattutto crederci, che nella vita come nel calcio la determinazione vale più di mille palloni d’oro. Se sei in pareggio bè allora davvero è come rinascere, punto a capo tutto da costruire e anche qui però sta a te, alla tua voglia di vincere e soprattutto di giocare bene le tue carte. Perché quando l’arbitro fischierà il 90^ non ci saranno più appelli. O meglio a volte ci toccano i supplementari e pure i rigori ma che fatica! E la partita così è meno bella per tutti. Un po’ come un pranzo di nozze, dopo due ore inizi a non poterne più e non serviranno le pietanze più elaborate e la location più glamour a farti scrollare di dosso la noia che inevitabilmente sale. Il secondo tempo, il mio, il vostro. E la lancetta che non fa sconti, mentre noi ci crediamo Highlanders e rimandiamo al domani tutti i sogni quando invece è adesso che dobbiamo correre, dribblare i guai, mirare all’obbiettivo e sfondare la rete con il più bello dei goal. E giocare sempre lealmente, che i cartellini rossi sono stop che a questo punto non possiamo più permetterci. Questa é la mia partita, e spero ardentemente di giocarmela meglio dell’Inter degli ultimi tempi….
San Maurizio
Oggi, per caso, sono entrata qui. E il cuore si è fermato. Quasi sono arretrata di fronte a tanta bellezza. E mi sono venute le lacrime agli occhi. Che l’Italia scalcinata, zoppicante, piena di problemi, regala però emozioni senza fine. Come una bella donna che non sa di esserlo, intelligente ma che si svilisce, ricca di doti in cui non crede. La grande bellezza in ogni angolo, in ogni borgo, quando meno te lo aspetti. Oggi, per caso, ho nutrito i miei occhi e la mia anima. E ancora una volta ho amato questo Paese. Che ha un solo grande difetto. Di non amarsi abbastanza. #Italia
Libertá
Sono giorni pesanti nella mia città. Giorni in cui pare che tutti discutano con tutti, giorni fatti di sgambetti e di ripicche. Senza esclusione di colpi. Fa parte del gioco della politica, lo so. Eppure resta per me davvero incomprensibile. Ho una visione inquinata della politica e della amministrazione. Inquinata dai miei studi classici, dalle tonnellate di libri di filosofia, etica, storia che ho letto in tutti questi anni. Una visione utopistica e irrealizzabile. Mentre qui domina Macchiavelli ma senza il suo fondamento ideologico. E allora quando l’aria si fa pesante, lacolli si estranea. Non per fuggire, da cosa poi, ma perché maggio in lomellina è sempre bello e perché l’estate è dietro l’angolo e non si può non essere sorridenti in un momento così. E poi perché ci sono cose che non capirò mai, che il mio cervello rifiuta, e allora reset. E allora l’ennesimo libro in mano e il mio in fieri, a costruirmelo il mio mondo, pezzetto per pezzetto. Dove posso davvero essere libera. Che la libertà non ha prezzo e invece io spesso mi sento in prigione. Rinchiusa tra le sbarre alzate dall’ipocrisia, dal perbenismo, dalla convenzione, dal dover fare ed essere. Mi pesa così tanto che ci sono giorni che vorrei urlare, urlare contro il cielo come canta il Liga, prendere la macchina e andare andare finché non ho più soldi benzina coraggio. Perché per essere davvero libero devi essere forte e sicuro di te, e io qui ancora vacillo. E il mio bisogno di appoggiarmi ad altri mi fa sentire meno libera, meno capace, meno sicura. Sempre più lontana da ciò che mi circonda che davvero mai come ora sento non appartenermi. Che bello sarebbe indossare gli occhi dei miei figli che mi ripetono spesso che questo è il posto più bello del mondo e che mai e poi mai vorrebbero andarsene. Che bello non vedere oltre i banchi di scuola, gli amici e la ragazzina che chissà se una volta buona ti fila. Ero così anche io. Sognavo in grande, una vita come i personaggi dei miei romanzi, e non vedevo la vita che scorreva intorno. Poi si cresce. Si matura. E vedi ciò che hai intorno. E non sempre ti piace. E vorresti cambiare. Ma questo lo potevi fare nei sogni da bambina, la vita degli adulti è un’altra cosa. Comporta capacità di adattamento che non sempre sono tollerabili. Per questo meglio osservare e in silenzio vivere. E domani forse sarà migliore.
6 maggio
Sedevo qui. Allo stesso tavolo, nella stessa sedia. Mattina presto, il sole indeciso, fresco ma non troppo. Si sì proprio come oggi. Il mio caffè latte, la brioche, la rassegna stampa, perché la colazione é il mio piacere lento giornaliero e segue un rituale che conforta. Ma a differenza di ora non ero sola, anche se la stanza era vuota. C’era lui con me. Già da otto mesi. Otto mesi in cui dentro di me aveva fatto la rivoluzione: un movimento continuo, una presenza che non potevi eludere, una certezza fin da subito. Con tanta tanta voglia di vivere. E quella mattina sapevamo tutti e due che finalmente ci saremmo conosciuti. Anche se era ancora presto, ma si sa, la pazienza, a casa nostra, è un optional non di serie. E così sei nato. Piccolino ma già determinato, attaccato al seno prima ancora di uscire dalla pancia, il cordone ombelicale che non staccherai mai, perché tu sei la mia cozzetta. 12 anni fa ho conosciuto l’essere più affettuoso del mondo, vivacissimo, mai fermo, curioso, generoso e sempre pronto ad aiutare gli altri, un universo sorridente, un po’ timido, mai prepotente. Il mio Lorenzino. Che questa mattina, appena sveglio, mi ha guardato e mi ha detto “sai mamma che ho ricevuto già un regalo bellissimo?? Gli auguri di mio fratello”. Ecco lui é così. Semplicemente speciale ❤️