Sono cresciuta in una piccola città di Provincia. Con una bella storia alle spalle, momenti gloriosi, ruoli significativi. Una città carina, non fosse per il nome che un po’ la penalizza, con le sue belle chiese, un teatro dalla facciata elegante, una pianta regolare. Nè troppo piccola nè troppo grande. Una città con una stazione ben servita, che poi i treni siano sempre in ritardo bè è un altro problema, le linee ci sono e non poche. Una città insomma con tutto quel che serve, scuole, banche, ufficio postale, ospedale, farmacie, palestra, bar….e soprattutto immersa in una natura unica, tra le risaie e il Rosa, che riempiono gli occhi e non stancano mai. Una città vitale, che ho addosso anche nel cognome, un cognome proprio locale, che non lascia adito a dubbi sulla mia autoctonia. Eppure io in questa città mi sono sempre sentita un pesce fuor d’acqua. Una che ci vive ma non ci appartiene. Una che sì si occupa di storia locale, ne scrive, ne parla, ma un po’ sempre come se ne fosse aliena. Ho provato ad andarmene. Più volte. Ma il mio cuore vive qui e senza di lui non so neanche respirare. Ho provato ad integrarmi il più possibile, massima disponibilità a tutti, senza chiedere mai nulla in cambio, ho tentato di creare qualche cosa di bello, mettendo al servizio della mia città quella che credo sia la mia unica vocazione, quella per la storia, l’arte, la cultura insomma. Ma nel limbo sono rimasta. E a questo punto getto la spugna. Chi ha bisogno di me sa che dico sempre sì, anche a costo di incasinarmi e di stancarmi oltre misura. Per il resto, non ci provo più. Perché anche il più testardo degli amanti a un certo punto di stanca di prendere due di picche.
Verissimo le nostre origini non si possono dimenticare , anche se spesso ci possono andare strette e si cerca di fuggire, ma poi si torna sempre a l’ovile sentendo chje la nostra terra natia è la più bella che ci sia.