Bagagli pronti. Sci doposci caschi. Le cartelle dei ragazzi e un po’ di scorta di cibo. Un po’. Diciamo sufficiente ad un attacco chimico globale. Qualcosina da mettere, che si sa io sono sempre molto parca. Il computer, la pianola e pure un tot di libri. Oh. È fatta. E a quel punto, quando devi solo caricare, arriva lei. Che non avvisa mai ed è il peggiore degli ospiti. Provi a far finta di niente, ma non c’é verso. Le ha telefonato la sua amica sfiga e a lei non è sembrato vero di poterci rompere le uova nel paniere. Sta fetente. E notate gli eufemismi che ieri era Natale. La chiamano influenza. E se la prendi sei influenzato. Ma è un termine troppo delicato. Sei distrutto, appiattito, invecchiato e ti senti tremendamente sfigato. Ovvio che la tipa ha ammaliato prima la mia dolce metà, che ha già lasciato le sue ultime volontà, come ogni maschio che si rispetti. Dal letto rantola che è un dolore insopportabile, chiede spiegazioni, mi chiama di continuo. E al capezzale mi dice “ti voglio bene, te ne ho sempre voluto. Perdonami”, il tutto strascicato e biascicato. Rideresti, ma hai poco da ridere perché i tuoi anticorpi sono già in montagna e lei ti frega. Bingo. Febbrone. E non sai se ti fanno più arrabbiare le valigie pronte, la bella giornata di sole, la sciolina e le lamine preparate oppure il fatto che vorresti essere coccolata e fare anche tu la scena, ma lui é ko e i tuoi figli sono presi dalla Xbox e se chiedi qualche cosa ti rispondono “non posso se no muoio”. Ma dai per favore. “Mamma guarda tra mezz’ora salviamo e poi arriviamo”. Che vorresti digli salvate me, ma dignitosamente taci e ti arrangi. Piumone tisana termometro e tachipirina. Lacolli 0 Le cattive influenze 1. Alla prossima