Amare è andare a cento all’ora in una strada stretta di notte coi fari spenti. La possibilità di sbandare è così alta da diventare certezza. Quella di farsi male, tanto male, un rischio che invece di farci desistere ci infonde adrenalina. E noi partiamo, ogni volta, con il grillo parlante sulla spalla che ci ripete la stupidità del nostro gesto. E noi sappiamo che ha ragione, oh se ne ha, una cento mille. E consapevoli spingiamo sull’acceleratore, i finestrini abbassati, la musica a palla per non sentire le proteste del nostro cervello. E alla fine ci facciamo male. Tanto. Ma sopravviviamo. Per poterlo fare di nuovo. Per colorare di nuovo le nostre guance del rossore della passione e illuminare i nostri occhi, che vedono nel buio la luce dell’amore. Stupidi siamo. Incoscienti. Autolesionisti. Davanti allo specchio ci diciamo mai più ma è l’ennesima bugia, l’ennesima promessa che non sapremo mantenere. Se solo ricordassimo che il nostro cuoricino a sei settimane di gestazione è così forte e grande da emozionare chiunque lo ascolti, ed è lì grande grande rispetto all’esserino in cui sta crescendo, tum tum tum, capiremmo che abbiamo perso in partenza la battaglia. Cuore 1-cervello 0. A fari spenti nella notte….
Andare a cento all’ora mi pare poco. È come andare senza freni e poi andare a sbattere senza che ti sia reso conto di nulla. La degenza è lunga dopo e ti rendi conto che un pezzo di te è stato rottamato