Programmi
Settimana senza consorte. Viaggio di lavoro. Ti mancherà un sacco, gli dici mentre esce di casa il lunedì mattina. In realtà hai già un programmino niente male. Che, non fraintendete, sarò contenta al suo ritorno, ma dopo ventun anni di assidua frequentazione uno stacco ogni tanto vivifica il rapporto. Lo hai letto anche su qualche rivista, pagine de l’esperto risponde. E in effetti. Che poi il programma si risolve in una serie di dopocena con amiche a ciacolare, al massimo un aperitivino. Anche perché ovviamente ho con me gli altri due maschi della famiglia, a cui non sembra vero di avere la mamma tutta per sè. Che la sindrome di Edipo non è mica cosa da poco. E nell’agenda settimanale inserisci pure il rosario del mese Mariano, a redenzione dei prosecchi che hai intenzione di berti nelle altra sere. Ma quello che non sai é che il suddetto Rosario sarà l’evento della settimana. Si perché le chiacchierate serali saltano come birilli per mille contrattempi, l’aperitivo si riduce prima a un caffè e poi neanche a quello, e ti ritrovi la sera in casa davanti alla tv e meno male c’è Patrick Swayzei che ancheggia in Dirty Dancing a tirarti su il morale, anche se davvero ti senti come Baby, in un angolo. E allora giochi il jolly. L’ultima sera. Locale trendy con i bimbi, sono loro a chiedertelo e ben venga. Vai sul sicuro. Inviti la mamma a venire con te. La mamma non darà buca. E invece anche lei ti da il due di picche salvo poi cedere all’ennesima telefonata. E ci siamo. Ordiniamo, hamburger, patatine, una rossa che riempia il cuore. Musica di sottofondo, chiacchiere con la mamma che è sempre la migliore, due battute con il vicino con cui ricordi tempi andati. Relax. Alla fine la tenacia premia. O così sembra. Per dieci minuti. Il piccolo comincia a dire che ha il mal di pancia, ma sì, adesso passa, mangia, no non passa, avrai preso freddo, sarai stanco, fino sarà colpa della strada e delle curve, manco avessi fatto il passo Gardena. E tu che conosci il pollo, sai che l’idillio è rotto. Cinque minuti e lo vedi schizzare come Mennea in bagno. Già sai. Lo raggiungi ma ovviamente è entrato in quello dei maschietti, e in quel mentre c’è un harleysta uno e novanta per un tot di chili che si incipria il naso. Con nonchalance gli passi accanto, dal bagno tuo figlio emette rumori indicibili, lui ti guarda, e tu sorridi, e ti scappa la battuta, sa il bimbo no sta bene, saranno stati i mojti…che in questi momenti un po’ di ironia aiuta e poi ci sei abituata. In macchina continua la passione, a questo punto le rotonde le prendi tipo autoscontro, ormai la frittata é rotta, l’importante è arrivare presto. E arrivi, scendi, fai scendere tua mamma che plana con delicatezza sul tuo piede zeppato, ma a questo punto dito più dito meno poco importa. In casa, dopo averlo coccolato e sistemato, seduta sul divano, sguardo fisso, una birra, che a questo punto te la sei meritata, senza la forza di andare nel letto. E allora ti metti a scrivere, come al solito, per trovare uno spunto di buonumore, mentre centellini la tua birra e dentro di te brindi al silenzio di questo momento.
Attimi
C’é un filo che lega Archiloco a Vasco Rossi, Orazio all’anonimo internauta di Tumblr. Mi capita spesso di vagare per internet a spulciare frasi, citazioni, parole, è il grande vantaggio della rete, una biblioteca vastissima a portata di mano, paese dei balocchi per una come me sempre alla ricerca di qualcuno che la aiuti a fissare un’immagine, momento, sentimento. Ovviamente necessita di filtro, perché incappare nella morale becera e sdolcinata, che fa apparire il cartiglio del bacio perugina la summa filosofica mondiale, è davvero facile. Dicevamo il filo. Un leit motiv, un memento quasi, perché se dal settimo secolo avanti Cristo abbiamo bisogno di continuare a ripeterlo vuol dire che mica l’abbiamo capito. O meglio che non lo applichiamo. I più lo conoscono grazie a Robin Williams, Capitano mio capitano, quel carpe diem che campeggia pure sulle magliette, quel vivi adesso che ancora stamattina avrò letto in dieci post su facebook. E mi chiedo allora perché è così difficile, perché poi i paladini di questa filosofia facciano spesso una brutta fine, perché il popolare giorno da leone sia frainteso come smodata ciuca o peggio. Perché io il “doman non v’é certezza” del Magnifico l’ho sempre interpretato diversamente. Più lentamente forse. Non è il nunc est bibendum, è piuttosto un tentativo di allargare il presente e farci stare tutte le emozioni possibili, è piuttosto il godere fino in fondo di ogni attimo e non rimandare, per pigrizia, inettitudine, superficialità. Attimi belli e attimi brutti. Di quelli belli faremo tesoro quando il cielo diventerà scuro, di quelli brutti ci serviremo per attraversare il dolore, perché solo facendolo potremo rialzarci più forti e consapevoli di prima. Centellinare gli istanti, ecco. Soffermarsi a guardare il cielo, sentire i profumi, dedicarsi ad ascoltare una canzone, leggere una poesia, baciare i propri cari, respirare insomma questa vita a pieni polmoni. Corta lunga facile difficile felice triste “ci han concesso solo una vita, soddisfatti o no, qua non rimborsano mai….”
Sorriso
La Cri sorride sempre. Frase di un’ora fa. E’ vero, sorrido spesso e volentieri. In fondo le persone meritano il nostro sorriso e non gliene frega un tubo se in realtà siamo a pezzi e invece di un sorriso vorremmo mollare un pugno a qualcuno. Eppure ci sono persone che amano farsi compatire. Che stanno sempre abbastanza bene, che sono sempre un po’ stanche, che ti rispondono con un ma sì, si va avanti. Sapete quelle che sono strafighe appena uscite dal parrucchiere, piega da urlo, trucco perfetto, il ritratto della salute, che manco una carie hanno, le incontri al bar mentre si bevono un cafferino in relax e alla domanda ciao, come va?, ti rispondono: ma sì, dai. Ma sì, dai? E cosa volete per dire bene? L’abbonamento alla beauty farm e Gabriel Garko ante botox che vi massaggia la schiena? No, non ci siamo. Ste facce scure, tutte le mattine, manco Atlante che reggeva il mondo aveva quel ghigno o Prometeo mentre l’aquila trastullava il suo fegato. Che i problemi li abbiamo tutti. Anche lacolli, a cui girano spesso e volentieri, problemi gravi o banali, questo poi lasciate che sia io a giudicare. Che anche qui, serie e pronte a farti pelo e contropelo, anzi l’ecografia, che magari un giorno o l’altro chiedo il referto, che la prevenzione è tutto. Ecco sì, io sorrido, al lavoro, in casa, tra amici. E non mi sforzo. Anzi, sorridere mi aiuta, a forza di farlo anche la tristezza di una giornata senza sole, anche la delusione di un malinteso che cancella una poesia sulla sabbia, ecco anche un’anima affranta ritrova l’energia per vedere il bicchiere mezzo pieno. Provateci anche voi, regalate sorrisi, non vi assicuro che ne riceverete in cambio tanti, e magari davvero pochi, uno però ve lo prometto: il vostro mentre vi specchiate la mattina.
Maggio
Arriva maggio. E il profumo dell’estate dietro l’angolo. Anche se il cielo è coperto ed oggi sembra davvero il cotone che la nonna teneva nella scatola delle punture, morbido, ondulato, che era un peccato staccarne un pezzetto e bagnarlo con il disinfettante togliendone la soffice magia. Anche se c’é un vento teso sul mio mare di schiuma, e salsedine ovunque, sulle mani, sui vestiti, tra i miei ricci che la catturano e almeno potessero rendermela a rilascio lento quando sarò di nuovo tra le risaie. Ecco, anche se insomma è stato un primo maggio da foulard e ombrello e non certo da prova costume, io l’estate la sento addosso. É come il “Sabato nel villaggio”, la vigilia della stagione più bella, in cui assapori quel che sarà, e lo costruisci con la fantasia, pezzo dopo pezzo, lo componi e ricomponi mille volte, in un puzzle dalle infinite combinazioni. La gioia dell’immaginare, senza illusioni o progetti, fantasie di una che i piedi per terra li tiene malvolentieri, molto più bello sentirsi su una nuvoletta ad annaffiare i propri sogni e a costruire astronavi piene di musica, poesia, parole e sorrisi. Benvenuto maggio, benvenute emozioni….