Alleniamo bicipiti, tricipiti, pettorali, glutei, addominali…li alleniamo con costanza e loro si rinforzano, lo sforzo diminuisce in condizioni analoghe e noi diventiamo più forti. È una logica conseguenza ed è comune a tutti: i muscoli allenati si rinforzano. E allora perché per il cuore non è lo stesso? Un muscolo in fondo. Eppure, benché sia sempre in moto, anche mentre dormiamo, anche quando non ci pensiamo, non si allena mai abbastanza. Perché le emozioni sono peggio delle flessioni, fanno bene al cuore, e poi male, e poi ancora bene, e non ce la farai mai ad allenare il muscolo cardiaco tanto da non sentirlo più dolere per i mille sentimenti del nostro vivere. Palpiterà sempre come la prima volta, veloce veloce, anche in una come me a cui il cuore batte piano piano per natura, e non ci resterà che ascoltarlo e seguirlo, atleti incapaci di plasmare il muscolo della vita….
Charlie
Tante parole avrei voluto spendere a commento di quanto accaduto ieri. Ma già c’é chi lo sa fare meglio di me, in primis gli amici giornalisti che mi vanto di conoscere e frequentare. Solo una nota. Uno spunto. Ascolto le cronache ed è coraggio la parola che rimbomba. Coraggio di esprimere la propria opinione e di cambiarla. Coraggio di essere se stessi, fino in fondo, al bando le ipocrisie in cui ogni giorno ci si imbatte. Coraggio di guardare in faccia gli altri, di non adeguarsi, di accettare la diversità, perché la mia diversità non é diversa dalla tua, ma guai a ledere la mia libertà. Perché, frase banale e trita, la mia libertà finisce dove inizia la tua. Coraggio di ribaltare la propria vita se così non va e di affrontare tutte le conseguenze col sorriso e senza dare la colpa agli altri. Tutti bravissimi a dare la colpa agli altri. Troppo facile. Ci vuole coraggio, come quello di chi scrive sulle pagine di un giornale che migliaia di persone leggeranno, le proprie idee, la propria visione. Verba volant, scripta manent. Coraggio di amare e anche di odiare, coraggio di guardare negli occhi una persona e esporre il proprio pensiero, coraggio di accettare le altrui opinioni, di contestarle e valutarle. Coraggio di essere univoci e comunità nello stesso tempo, coraggio di fare il proprio lavoro ogni giorno, di vestire camminare ridere parlare urlare, di essere. Senza maschere, anzi senza veli, dritto negli occhi, testa alta. É nella società che accetta che questo coraggio venga meno per pigrizia, paura, indifferenza, agio, che poi qualcuno pensa di uccidere per chiudere la bocca. “Prima di ogni altra libertà, datemi la libertà di conoscere, di esprimermi e discutere liberamente secondo coscienza” John Milton, 1644….
Capodanno
31 dicembre, ore 6.30, sveglia. Ti alzi dal letto con forza ed energia, come da tempo ormai, questo 2014 ha portato tanta vitalità, ti senti tra i sedici e i diciotto anni con la consapevolezza dei quaranta, ovvero il massimo. E poi ancora una manciata di ore di lavoro e sarai in montagna con i piedi nel camino, un bicchiere di rosso in mano, ad aspettare gli amici per il cenone di Capodanno. Relax. Bagagli pronti. Bagagli…un trasloco come al solito, una giornata a raccogliere tutto, che quando sei là non vuoi che ti manchi nulla. Vacanza all inclusive. E mentre pensi a questo asciugandoti i capelli, tuo figlio entra in bagno. Mi gira la testa, dice. Avrai la cervicale, gli rispondi, che a un bambino di nove anni anche no, ma è la prima cosa che ti è venuta in mente e magari si tranquillizza. Vai a letto, dai. Dopo tre minuti, torna. Mi sa che devo vomitare, e dal verbo vomitare all’inizio di nightmare passano cinque secondi massimo. Cervicale mi sa di no. Nausea ok, ma così è un po’ troppo. Indigestione? Illusione che dura un quarto d’ora, quando, all’ennesimo giro, ti rassegni al fatto che tuo figlio ha l’influenza. E di botto sei tornata alla tua età biologica, quaranta, tutti, portati male anche. Dopo un’ora hai capito che il camino resterà spento e che dovrai annullare la compagnia traslochi e disfare tutto. Al lavoro sei odiosa. Metti i timbri a secco con la stessa violenza di Rocky contro Ivan Drago. Pomeriggio tra catino, supposte e altre amenità che le mie colleghe mamme ben conoscono. E poi prepari qualcosa per la cena, è pur sempre capodanno no? E mentre giri le lenticchie gli anni sono già intorno ai cinquanta, se valutiamo le occhiaie, che in un impeto ti sbatti su una palata di contorno occhi al caviale, col risultato che sembri tu una tartina e gli anni sono sessanta. Tavola, candele, tentativo di atmosfera, nel frattempo il piccolo sta meglio, come da universale legge di Murphy. E lì, seduta davanti al tuo cotechino, il vino rosso, Gigi D’Alessio in tv, te ne senti ottanta di anni, ma non di quelle ottantenni da casinó o serata danzante, che hai sempre pensato saresti diventata, no no, di quelle tranquille, con lo scialle sulle spalle, i movimenti insicuri, una passione per Barbara d’Urso e Massimo Giletti. E in quel momento, sì in quel momento, cominci a ridere, ma di gusto, con le lacrime agli occhi, da non riuscire a smettere, senza motivo, o forse il motivo è che il 2014 si merita una bella risata, non certo un muso lungo, di quelle grasse e godute, come in fondo è stato lui. E lasci che a traghettarti nel nuovo anno sia proprio il sorriso, con cui vorresti, come l’influenza del piccolo Lory, contagiare il mondo….😃