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Vera

Palazzo Cambieri. Una giornata uggiosa di quattro anni fa. In biblioteca sotto uno scaffale tra una vita di libri. Il drin del campanello e due persone che entrano. Arrivo. E ti trovi davanti due donne. Mamma e figlia. Sorridenti. Colorate. Gioiose. E il giorno dopo tornano. Ancora così, una ventata di luce nella nebbia di quell’inverno uguale a tanti. E così via, giorno dopo giorno, le conosci, domande, battute, gossip. Che da utenti diventano anima della vita tra gli scaffali, di quelli che ti preoccupi se non li vedi per alcuni giorni, perché fanno parte del tuo quotidiano. E col tempo capisci cosa ti aveva colpito della figlia, di Veruska. È colore, puro e semplice, con i suoi fiori di panno tra i capelli, i cappellini d’inverno, le sciarpone, i maglioni fucsia. Con il sorriso sempre pronto, non la risata, quella poco, ma il sorriso sempre, su un viso bianco come la panna e due occhi in cui si rispecchiano le risaie. E poi scopri che quelle maglie, sciarpe, collane, orecchini tutti colorati li fa lei, che è creatività in essere, che non trova lavoro perché non te la vedi in un ufficio, lei che è aria fresca e vitalità nonostante tutto. Nonostante la stampella che non sai a un certo punto se serve o è un vezzo, gli acciacchi, la schiena, il ginocchio, che la prendi in giro e lei lo sa e non si offende mai. E poi i libri. Che non può leggere solo libri sui vampiri, eddai, su, e allora ci sono quelli di Kristin Gier, due tre quattro per volta, creativa anche nella lettura. Creatività tra i banchetti, finalmente, sorridente, con Patrizia, sempre una parola dolce, a te che invece sei spesso accigliata, sempre con calma, a te che sei una schizzata, sempre gentile in un mondo che pretende e non da nulla. Sei così Vera, lo sarai sempre, anche adesso che con il tuo uncinetto ricamerai le stelle….

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